Nel vasto e talvolta caotico universo della settima arte, una domanda riecheggia costantemente tra neofiti e cinefili esperti: quali sono i film da vedere assolutamente? Non si tratta di una semplice curiosità, ma di un bisogno quasi esistenziale di orientarsi, di trovare dei punti fermi in un oceano di produzioni che si estende per oltre un secolo. Rispondere a questa domanda non significa stilare una classifica soggettiva dei “più belli”, ma tentare di definire un canone: un insieme di opere che, per innovazione, impatto culturale e pura maestria artistica, hanno plasmato il linguaggio cinematografico e continuano a dialogare con il nostro presente.
È un’impresa ambiziosa, quasi folle, ma necessaria. In questo, il progetto di Movie Canon si rivela uno strumento prezioso, offrendo una lista ragionata che funge da bussola. Non è un elenco statico, ma una mappa dinamica che invita all’esplorazione. Analizzare questa selezione significa intraprendere un viaggio attraverso la storia del cinema, scoprendo come ogni film sia un tassello fondamentale di un mosaico più grande. Questo articolo si propone di fare proprio questo: guidarvi attraverso le opere cardine di questo canone, spiegando perché ciascuna di esse merita di essere considerata un film da vedere assolutamente nella vita di chiunque ami le storie raccontate per immagini.
Le Origini del Linguaggio: Il Cinema Muto e la Nascita della Magia
Ogni viaggio che si rispetti parte dalle origini. Prima del sonoro, prima del colore, il cinema era pura arte visiva, un linguaggio universale fatto di gesti, sguardi e didascalie. Ignorare quest’epoca significa non comprendere le fondamenta su cui tutto il resto è stato costruito.
- Viaggio nella Luna (1902) di Georges Méliès non è solo un film; è l’atto di nascita della fantasia al cinema. Méliès, un illusionista prestato alla cinepresa, capì che la macchina da presa poteva creare mondi, non solo registrarli. Questo cortometraggio, con la sua iconica immagine della navicella conficcata nell’occhio della luna, è la prova che il cinema è, prima di tutto, magia.
- Nascita di una nazione (1915) e Intolerance (1916) di D.W. Griffith sono opere complesse e, nel caso della prima, profondamente controverse per il loro contenuto razzista. Tuttavia, dal punto di vista tecnico, sono dei film da vedere assolutamente perché Griffith inventa letteralmente la grammatica del cinema moderno: il primo piano, il montaggio alternato, la dissolvenza. Con Intolerance, un’opera colossale che intreccia quattro storie in epoche diverse, cerca di espiare i peccati di Nascita di una nazione, mostrando un’ambizione narrativa che ancora oggi lascia senza fiato.
- Il gabinetto del dottor Caligari (1920) di Robert Wiene è il manifesto dell’Espressionismo tedesco. Con le sue scenografie distorte e allucinate, il film non mostra il mondo come è, ma come viene percepito da una mente folle. È la nascita del cinema psicologico, un viaggio da incubo che influenzerà generazioni di registi, da Alfred Hitchcock a Tim Burton.
- La corazzata Potëmkin (1925) di Sergej Ėjzenštejn è pura potenza cinematografica. Commissionato per celebrare la rivoluzione russa, il film trascende la propaganda grazie al genio del “montaggio delle attrazioni” di Ėjzenštejn. La sequenza della scalinata di Odessa è forse la più studiata, citata e parodiata della storia del cinema. Guardarla oggi significa ancora provare un’angoscia e una tensione quasi insopportabili. È la dimostrazione che il montaggio non è solo unire inquadrature, ma creare idee ed emozioni.
- Metropolis (1927) di Fritz Lang è il nonno di tutta la fantascienza distopica. La sua visione di una città del futuro divisa tra un’élite oziosa e una massa di operai schiavizzati è una metafora potente e ancora attualissima. L’architettura visiva del film, la creazione dell’androide Maria, il senso di oppressione: tutto, da Blade Runner a Guerre Stellari, è in debito con questo capolavoro.
- Aurora (1927) di F.W. Murnau, spesso citato come uno dei film più belli mai realizzati, è la vetta lirica del cinema muto. La storia è semplice – un uomo tentato di uccidere la moglie – ma la messa in scena di Murnau è di una fluidità e di una grazia poetica sbalorditive. La macchina da presa vola, danza, si immerge nei pensieri dei personaggi. È la prova che il cinema poteva essere poesia visiva.
- La passione di Giovanna d’Arco (1928) di Carl Theodor Dreyer è un’esperienza quasi mistica. Il film si concentra quasi esclusivamente sui primi piani del volto di Renée Falconetti, la cui interpretazione è una delle più intense e strazianti mai catturate su pellicola. Dreyer elimina ogni orpello per arrivare all’essenza del dramma umano e spirituale. È un film da vedere assolutamente per capire la potenza espressiva di un volto umano.
L’Età d’Oro di Hollywood: Miti, Generi e Star System
Con l’avvento del sonoro, Hollywood diventa la “fabbrica dei sogni”. È l’era dei grandi studios, della nascita dei generi come li conosciamo e della creazione di divi immortali. Questo periodo ha definito l’immaginario collettivo del XX secolo.
- Quarto potere (1941) di Orson Welles è, per molti, “il” film. Un’opera che a 25 anni Welles scrisse, diresse, produsse e interpretò, rivoluzionando ogni aspetto della narrazione cinematografica. L’uso della profondità di campo, le angolazioni di ripresa dal basso, la struttura narrativa a flashback: ogni scena è una lezione di cinema. È la storia di un magnate della stampa, Charles Foster Kane, ma è anche una profonda meditazione sul potere, la solitudine e l’impossibilità di comprendere appieno un’altra vita umana. Non è solo un film da vedere assolutamente, è il punto di partenza per ogni discussione seria sul cinema.
- Casablanca (1942) di Michael Curtiz è la perfezione del cinema classico hollywoodiano. Un film nato quasi per caso, con una sceneggiatura scritta giorno per giorno, che è diventato un concentrato immortale di romanticismo, cinismo e eroismo. Le battute, i personaggi, le canzoni: tutto è entrato nella cultura popolare. È un film che funziona a ogni livello, un orologio perfetto che non perde un colpo.
- Viale del tramonto (1950) di Billy Wilder è il lato oscuro del sogno hollywoodiano. Un noir caustico e struggente che racconta la storia di una diva dimenticata del cinema muto che vive in un mondo di illusioni. Gloria Swanson offre un’interpretazione leggendaria. È un film sulla crudeltà della fama e sul tempo che passa, una delle più grandi riflessioni che Hollywood abbia mai fatto su se stessa.
- Cantando sotto la pioggia (1952) di Stanley Donen e Gene Kelly è la gioia fatta a film. Nato come un semplice musical per riutilizzare vecchie canzoni, è diventato il più grande musical di tutti i tempi. La celebre sequenza di Gene Kelly che balla sotto la pioggia è un’esplosione di pura felicità cinematografica. È un film che racconta con ironia e affetto il passaggio dal muto al sonoro, un inno all’amore per il cinema.
- Sentieri selvaggi (1956) di John Ford è molto più di un western. È un’opera oscura, complessa e visivamente maestosa che decostruisce il mito della frontiera. John Wayne interpreta Ethan Edwards, un eroe tragico, consumato dall’odio razziale. Il suo viaggio per ritrovare la nipote rapita dai Comanche è un’odissea nel cuore oscuro dell’America. La celebre inquadratura finale è una delle più potenti e malinconiche della storia del cinema.
- La donna che visse due volte (1958) di Alfred Hitchcock è un abisso di ossessione e necrofilia. Accolto tiepidamente all’uscita, è oggi considerato da molti critici il miglior film di sempre. È un thriller psicologico che si trasforma in un sogno febbrile, un’esplorazione vertiginosa del desiderio maschile di plasmare la donna a propria immagine e somiglianza. La regia di Hitchcock è ipnotica, un labirinto visivo da cui è impossibile uscire.
- A qualcuno piace caldo (1959) di Billy Wilder è la commedia perfetta. Un meccanismo comico infallibile con una sceneggiatura brillante, un ritmo indiavolato e tre interpreti in stato di grazia: Jack Lemmon, Tony Curtis e una Marilyn Monroe al suo apice di vulnerabilità e carisma. Affronta temi come l’identità di genere e l’omosessualità con una leggerezza e un’audacia impensabili per l’epoca. La battuta finale (“Beh, nessuno è perfetto”) è leggenda.
La Rivoluzione delle “Nouvelles Vagues”: Il Cinema Diventa Moderno
Tra la fine degli anni ’50 e gli anni ’60, un’onda di rinnovamento scuote il cinema mondiale. Giovani registi, armati di cineprese leggere e di nuove idee, scendono in strada per filmare la vita con un’urgenza e una libertà mai viste prima. Il cinema diventa cosciente di sé, rompe le regole e parla direttamente al suo tempo.
- I sette samurai (1954) di Akira Kurosawa, pur precedendo formalmente questo periodo, ne è un precursore fondamentale. Un’epopea di tre ore e mezza che ha inventato il film d’azione moderno (“il gruppo di eroi che si riunisce per una missione impossibile”). La sua influenza è immensa, da I magnifici sette a Guerre Stellari. Kurosawa unisce la spettacolarità del cinema americano con la profondità della filosofia giapponese, creando un’opera universale sull’onore, il sacrificio e la differenza di classe.
- Il settimo sigillo (1957) di Ingmar Bergman è una profonda allegoria filosofica sulla fede, il dubbio e la morte nell’Europa medievale devastata dalla peste. La partita a scacchi tra il cavaliere e la Morte è un’immagine che ha trasceso il cinema per diventare un’icona culturale. È un film da vedere assolutamente perché pone le grandi domande esistenziali con una potenza visiva e intellettuale senza pari.
- Fino all’ultimo respiro (1960) di Jean-Luc Godard è il manifesto della Nouvelle Vague francese. Un film girato con pochi soldi, per le strade di Parigi, che reinventa il cinema. Il montaggio a salti (jump cut), i dialoghi improvvisati, i personaggi che si rivolgono alla macchina da presa: Godard prende la grammatica del cinema classico e la fa a pezzi con un’energia anarcoide e irresistibile. È il certificato di nascita del cinema moderno.
- L’avventura (1960) di Michelangelo Antonioni è un film rivoluzionario per ciò che non mostra. Inizia come un giallo – una donna scompare su un’isola deserta – ma presto abbandona l’indagine per concentrarsi sul vuoto esistenziale dei personaggi, sul loro smarrimento emotivo in un mondo moderno e alienante. Antonioni usa i paesaggi e i lunghi silenzi per filmare l’invisibile, l’incomunicabilità.
- 8½ (1963) di Federico Fellini è forse il più grande film mai realizzato sul processo creativo. Marcello Mastroianni è Guido Anselmi, un regista in crisi che non sa che film girare. Fellini trasforma questa crisi in un circo fantasmagorico dove sogni, ricordi e fantasie si mescolano alla realtà. È un’opera incredibilmente personale e allo stesso tempo universale, un flusso di coscienza visivo che celebra la confusione e la bellezza della vita e dell’arte.
- 2001: Odissea nello spazio (1968) di Stanley Kubrick non è un film di fantascienza, è un’esperienza trascendentale. Un’opera che spazia dall’alba dell’uomo al futuro dell’evoluzione umana, ponendo domande fondamentali sul nostro posto nell’universo. Kubrick abbandona la narrazione tradizionale per creare un’opera quasi puramente visiva e sonora, un “poema sinfonico” che richiede allo spettatore di partecipare attivamente, di sentire più che di capire. È un film da vedere assolutamente per espandere i confini di ciò che il cinema può essere.
La Nuova Hollywood e l’Età Adulta del Cinema Americano
Gli anni ’70 sono il decennio d’oro del cinema americano. Il vecchio sistema degli studios crolla e una nuova generazione di registi, cresciuti alla scuola del cinema d’autore europeo, prende il potere. Sono film più personali, cinici, complessi e politicamente consapevoli, che riflettono le turbolenze di un’America segnata dal Vietnam e dallo scandalo Watergate.
- Il padrino (1972) di Francis Ford Coppola è un’opera shakespeariana travestita da gangster movie. È al tempo stesso il ritratto epico di una famiglia criminale e una metafora oscura del capitalismo americano. La regia di Coppola è sontuosa, la fotografia di Gordon Willis crea un’oscurità morale e visiva, e le interpretazioni (in particolare quella di Marlon Brando) sono leggendarie. Il suo sequel, Il padrino – Parte II (1974), è uno dei rari casi in cui il secondo capitolo è forse persino superiore al primo, intrecciando l’ascesa al potere del giovane Vito Corleone con la discesa agli inferi morali di suo figlio Michael.
- L’esorcista (1973) di William Friedkin è molto più di un film dell’orrore. È un dramma teologico che ha terrorizzato un’intera generazione, portando il male soprannaturale nel realismo quasi documentaristico di una casa della porta accanto. La sua capacità di generare angoscia e terrore è ancora oggi intatta.
- Chinatown (1974) di Roman Polanski è l’apice e la decostruzione del genere noir. Con una sceneggiatura considerata tra le più perfette mai scritte, il film è un’indagine complessa che parte da un caso di adulterio per svelare una cospirazione di corruzione e incesto nel cuore di Los Angeles. È un’opera di un pessimismo cosmico, che suggerisce che il male è inestirpabile.
- Taxi Driver (1976) di Martin Scorsese è un viaggio febbrile nella mente alienata di Travis Bickle, un veterano del Vietnam che guida il suo taxi in una New York infernale. È un film che cattura perfettamente il disagio e la rabbia di un’epoca. La regia nervosa di Scorsese e l’interpretazione totale di Robert De Niro creano un ritratto indimenticabile della solitudine urbana e della violenza che ne scaturisce.
- Apocalypse Now (1979) di Francis Ford Coppola non è un film sul Vietnam, è il Vietnam. Ispirato a Cuore di tenebra di Conrad, è un viaggio psichedelico e operistico nel cuore della follia della guerra. La sua produzione fu talmente caotica e disastrosa da diventare essa stessa leggenda, ma il risultato è un’opera ipnotica, terrificante e di una bellezza allucinata.
Verso il Postmoderno e Oltre: Il Cinema Contemporaneo
Dagli anni ’80 in poi, il cinema entra in una fase postmoderna, dove la citazione, l’ironia e la mescolanza dei generi diventano la norma. I blockbuster ridefiniscono il mercato, ma il cinema d’autore continua a esplorare nuove strade, riflettendo un mondo sempre più frammentato e interconnesso.
- Blade Runner (1982) di Ridley Scott ha definito l’estetica di tutta la fantascienza a venire. Un noir futuristico, piovoso e malinconico, che pone domande profonde su cosa significhi essere umani in un mondo tecnologico. La sua influenza sulla cultura visiva, dalla moda ai videogiochi, è incalcolabile.
- Pulp Fiction (1994) di Quentin Tarantino ha cambiato il cinema indipendente per sempre. Con la sua struttura narrativa non lineare, i dialoghi brillanti e la sua miscela esplosiva di violenza e umorismo pop, è diventato un fenomeno culturale. È un film che celebra il piacere di raccontare storie, un’enciclopedia postmoderna dell’amore per il cinema.
- Schindler’s List (1993) di Steven Spielberg è la prova che il più grande regista di intrattenimento poteva anche essere un immenso autore drammatico. Raccontando l’Olocausto con un bianco e nero quasi documentaristico, Spielberg crea un’opera di una potenza emotiva devastante, un monumento necessario alla memoria.
- In the Mood for Love (2000) di Wong Kar-wai è un poema visivo sulla malinconia dell’amore non vissuto. Attraverso una regia sontuosa, fatta di colori saturi, rallenti e musiche struggenti, il film racconta la storia di due persone che scoprono il tradimento dei rispettivi coniugi e si innamorano, senza mai consumare il loro amore. È un film da vedere assolutamente per la sua capacità di esprimere emozioni ineffabili attraverso la pura forma cinematografica.
- Il petroliere (2007) di Paul Thomas Anderson è un’epopea nera e grandiosa sulla nascita del capitalismo americano, sulla religione e sull’avidità. Daniel Day-Lewis offre un’interpretazione titanica nei panni di Daniel Plainview, un personaggio quasi satanico. È un film che ha la portata di un classico, un’opera potente e spietata.
Questa lista, ovviamente, è solo la punta dell’iceberg di un canone vasto e in continua evoluzione. Opere come Il buono, il brutto, il cattivo, Persona, Arancia meccanica, C’era una volta in America, Fargo, Mulholland Drive e Parasite meriterebbero ciascuna un’analisi approfondita. Ogni titolo presente nella selezione di Movie Canon è una porta che si apre su un mondo, un tassello di una conversazione iniziata più di un secolo fa e che non accenna a finire.
Affrontare questi film da vedere assolutamente non è un compito, ma un privilegio. Significa arricchire il proprio sguardo, comprendere meglio il mondo e se stessi, e partecipare a una delle più grandi avventure intellettuali ed emotive che l’umanità abbia mai concepito. Buon viaggio.