8½
Un film autoreferenziale e strettamente autobiografico quello che Federico Fellini gira a inizio anni sessanta, in piena rivoluzione culturale e politica. Un’opera che mette in movimento una controcultura sotterranea, quasi reazionaria nelle forme, ma sottilmente rivoluzionaria nei mezzi espressivi e nella metanarrazione, con la potente forza dell’ironia a innescare un moto segreto e invalicabile. Guido Anselmi (Marcello Mastroianni) è un regista che cerca di rilassarsi dopo la sua ultima fatica cinematografica, ma viene puntualmente perseguitato da personaggi che cercano un lavoro nel cinema o da sogni e paranoie personali che si insinuano piano dal passato. Tante le scene memorabili entrate a far parte dell’immaginario collettivo di tutti noi: la danza sensuale di Barbara Steele a bordo piscina, il sogno con la gamba sospesa nell’aria legata a terra da una corda con una meravigliosa inquadratura verso il basso, l’harem dove la soubrette è costretta a ritirarsi ai piani alti per sopraggiunti limiti d’età e dove una conturbante Valchiria le chiede di esibirsi. Una miriade di situazioni come tasselli onirici di un grande disegno sotterraneo. Un film cristallino, puro e tagliente come un rubino appena intagliato da una mano esperta, che lascia frastornati come un sogno che non riusciamo a ricostruire. Dunque un Fellini che partorisce un tesoro immaginifico ad ogni inquadratura andando a campire un glossario di icone barocche, una legenda con cui interpretare la sua poetica, la sua splendida umanità. In assoluto il film italiano più amato all’estero.
Titolo originale: 8½
È Fellini, quindi bisogna dire che è bello, perché altrimenti si è tacciati di ignoranza cinematografica o, peggio, di ignoranza totale. Qualche critico grida al capolavoro e guai a dire o solo a pensare il contrario. Esattamente come i tagli nella tela di Lucio Fontana o i viraggi fotografici di A.W. che non sapeva neanche tenere una matita in mano. O le strisce di Rothko e l'orinatoio rovesciato di Duchamp. Ma mai e sottolineo mai ho trovato un appassionato di cinema intento alla visione di un film di Fellini da Otto e mezzo in poi e il 90% delle persone che ne parlano, se interrogate, dimostrano di non averli mai visti, ma di affidarsi al pensiero comune. Io lo detesto, come tutta la produzione successiva però ne possiedo il DVD insieme a quello di Amarcord e li ho visti più volte anche in compagnia per ascoltare pareri diversi e senza esprimere preventivamente alcuna opinione. Otto e mezzo è stato interrotto prima della fine in due occasioni, Amarcord solo una, ma entrambi non sono piaciuti. Noiosi, senza vita, comprensibili solo al regista o a chi si affida a quanto possono dire i vari Mereghetti o Morandini di turno. Il paragone con la cosiddetta arte (?????) moderna si concretizza anche chiedendosi se un qualsiasi critico per casa sua sceglierebbe un bel taglio di Fontana o un Van Gogh o Chagall. Per non parlare di quanto volentieri si ascolta il Wozzeck di Alban Berg che è come una martellata sulle parti intime piuttosto che il Flauto Magico di Mozart o La Traviata di Verdi. Perché Fellini non viene passato nelle TV? Perché nessuno lo guarderebbe! Ma l'Italia non è un paese libero quindi guai a me che detesto Fellini (post Dolce vita), che considero Bocelli un cantante da piano bar. Viva Vittorio De Sica, Rossellini, Ladri di Biciclette, I soliti ignoti e Monicelli. Viva chi sa raccontare, appassionare, commuovere, far ridere, far piangere, far vivere. Fellini? Nulla di questo, solo elucubrazioni e visioni. P.S. i Vitelloni e La Dolce Vita mi piacciono, come i quadri che Rothko faceva in gioventù. Poi hanno scelto altro.
Kubrick, da questo film, ha imparato molte cose. Tra i più bei film mai fatti nella storia. C'è tutto.