
American Graffiti
Un’opera evocativa e dal profondo retrogusto nostalgico questo film di Lucas nasconde tutta l’insicurezza delle nuove generazioni per una realtà spesso indecifrabile, celata come un remoto arcano dietro una cortina di cose e persone. American Graffiti non è tanto un “come eravamo” ma un “come avremmo potuto essere”. Estate 1962: tutto accade in una notte. Tante storie si incrociano in un medesimo lasso di tempo e costituiscono ognuna una misteriosa tessera di una ricerca incompiuta. Ogni personaggio sembra faticare a trovare un proprio equilibrio, la propria giusta collocazione all’interno della narrazione. Su quattro personaggi in particolare si concentrerà lo sguardo di Lucas e in un improvviso salto temporale ci permetterà di conoscerne il futuro e gli ideali della maturità in aspro confronto con il presente. Uno di loro morirà in un incidente stradale, uno combatterà in Vietnam, uno diventerà assicuratore, un altro scrittore. Su tutti e quattro i personaggi aleggia un aura di sconfitta, come se il loro futuro potesse in qualche modo influenzare le loro azioni durante quella notte e preordinarne gli atti. Struggente, ironico e melanconico, il film di Lucas aprì una stagione di revisione del cinema americano, una pausa di riflessione per cercare di capire cosa fosse rimasto di quello che da fuori veniva percepito come “il sogno americano”.
Titolo originale: American Graffiti

Sono un essere senziente. Mi occupo di varia umanità dall’età di circa due anni. Sono giunto al mezzo secolo di esperienza vissuta su questo Pianeta. Laureato in Lettere Moderne con una tesi sulla Poetica dell’ultimo Caproni nel 1996. Interessato al cinema dall’età di tre anni e mezzo dopo una sofferta visione dei Tre Caballeros della Disney, opera discussa e aspramente criticata in presenza delle maestre d’asilo. Alla perenne ricerca di un nuovo Buster Keaton che possa riportare luce nelle tenebre e sale nei popcorn.