Amores Perros
Alejandro Iñárritu al suo film d’esordio realizza un’opera che inaugura una grande stagione per il cinema messicano riuscendo a travalicare i confini e mietendo premi cinematografici in tutto il mondo (Amores Perros è detentore di oltre cinquanta riconoscimenti). Il cinema di Iñárritu è un fluire costante di narrato, il regista messicano è infatti un affabulatore molto abile grazie anche all’impalcatura semantica edificata da Guillermo Arriaga che ha scritto soggetto e sceneggiatura e che con questo film diverrà suo collaboratore fisso (sue anche le sceneggiature di 21 Grammi e Babel, le due opere successive a questa e che a detta di alcuni critici, costituiscono con Amores Perros una trilogia detta “della Morte”).
Questo film narra le vicende di tre storie che hanno i cani come comune denominatore. Octavio decide di tirar su qualche soldo facendo combattere il suo cane negli incontri clandestini, Valeria, una modella ferita in un incidente d’auto, perde il suo cagnolino nelle viscere del suo nuovo appartamento e infine El Chivo è un homeless con una muta di cani come compagna di viaggio che incontrerà la figlia perduta. Tutti e tre gli episodi si incroceranno in un evento che muterà profondamente il corso degli eventi di ciascuno dei personaggi: un incidente automobilistico.
I cani come metafora degli uomini, come riflesso riverberato dei propri padroni. I personaggi appaiono perduti nelle loro angosce quotidiane, vinti dalla vita e i loro cani rappresentano un’ideale via di salvezza che tuttavia non può concretizzarsi per qualche crudele scherzo del destino o per una fatalità imponderabile. Il titolo è un gioco di parole intraducibile in italiano: può significare letteralmente amori canini, ma anche l’amore è una rogna.
Titolo originale: Amores Perros
Notevole, sì, ma con qualcosa di troppo. Le sue sceneggiature erano troppo piene ( che non erano sue mi pare). Il suo meglio lo ha dato con Biutiful, per me.