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A Clockwork Orange è una sorta di punto d’arrivo nel percorso artistico di Stanley Kubrick. Rappresenta infatti il suo sforzo di avvicinarsi all’estremismo comportamentale giovanile e ai conseguenti disordini sociali legati a fenomeni di violenza e repulsione delle norme civili. Il film è tratto dall’omonimo romanzo di Burgess in cui la violenza è la protagonista della storia in ogni sfaccettatura: da quella fisica a quella più strisciante che parte dalla psiche e si estende, e infine prevarica, il pensiero di altri esseri umani. Alex si aggira con i suoi compari, i sedicenti Drughi, in una città spettrale abbandonandosi ad efferatezze di ogni tipo: picchia un homeless sotto un ponte, si batte contro una banda rivale in un teatro abbandonato, fa irruzione nella casa di uno scrittore e violenta sua moglie a tempo di Singin’ In The Rain (scena ideata su improvvisazione dallo stesso Malcolm McDowell). Ma il destino ha in serbo qualcosa di speciale per lui: quella stessa ferocia che ha riversato sul mondo gli sarà dantescamente ritorta contro. Una volta catturato dalla polizia infatti entrerà in un programma speciale per la riabilitazione dei casi più violenti subendo la visione forzata di filmati cruenti montati con scansione lisergica. Una volta fuori di prigione subirà la vendetta di quella società che aveva calpestato. Innumerevoli le scene memorabili: lo stupro a tempo di Singin in The Rain, l’orgia sulle note di Ludovico Van Beethoven, le serate al Moloko a bere latte più.

Titolo originale: A Clockwork Orange

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