Chiamami col tuo Nome
Molti critici si erano innamorati degli ultimi due film di Luca Guadagnino, Io sono l’Amore (2009) e A Bigger Splash (2015), entrambi avevano messo in luce la sensualità ermetica di Tilda Swinton sullo sfondo di meravigliose location italiane (Milano e San Remo nel primo, la Costa siciliana nel secondo).
Call Me by Your Name irradia calore. È un film lussureggiante e lussurioso, con cuori che pulsano e lombi ardenti, emozioni ctonie legate alla fisicità degli amanti e agli oggetti che li circondano. D’altra parte Guadagnino ha mostrato una predilezione per conferire un significato metaforico alla gastronomia; in questo suo quinto lungometraggio ci offre tuorli d’uovo schizzati e sangue che cola sulle costolette di agnello e un motivo ripetuto di frutta matura, culminante in una scena sessuale che coinvolge delle pesche. La scena della pesca è riportata quasi letteralmente in vita dal romanzo del 2007 di André Aciman da cui è tratto il film. Aciman è uno studioso americano specializzato nell’opera di Proust. È una storia di risveglio sessuale adolescenziale ambientata nella casa ben arredata di un accademico a metà degli anni ’80 in Italia, nelle campagne intorno a Cremona.
Elio è il figlio unico di 17 anni del professor Perlman (Michael Stuhlbarg), stimato studioso di Archeologia, e della sua bellissima moglie cosmopolita (Amira Casar). Fino ad ora è stato per lo più eterosessuale coltivando un flirt con l’amica d’infanzia Marzia. Ma quando il 24enne Oliver, l’ultimo di una serie di neo-laureati del professore in visita per trascorrere un’estate nella villa, usurpa la camera da letto di Elio, prende anche il posto di Marzia nelle fantasie sessuali di Elio. Oliver (Armie Hammer) è l’incarnazione aggressiva di tutti gli stereotipi americani: un accademico che parla per abbreviazioni sebbene sia estremamente erudito, come dimostrato da un monologo eccezionale sull’etimologia della parola “albicocca”. Elio è un cucciolo ovviamente più ingenuo dell’uomo più maturo ma anche sensibile e sconsiderato, con l’avventatezza dell’adolescenza che brilla argentina e sfavillante. Timothée Chalamet è sensazionale nel ruolo: feroce e articolato, i suoi occhi tremolano di pensieri segreti.
Per gran parte del film guardiamo Elio e Oliver muoversi in cerchio, in attesa che uno dei due faccia una mossa. Si sente in questo gioco delle parti l’influenza di Eric Rohmer (di cui Aciman è un ammiratore) e soprattutto di James Ivory (lo sceneggiatore del film). Il tono è languido ma il ritmo è irrequieto, sullo sfondo giace un desiderio represso che fatica ad esplodere. Le scene sono brevi e improvvise, lo sfondo meraviglioso è quello delle campagne del cremasco. La Natura gioca un ruolo essenziale in questa storia d’amore: è consequenziale agli stati d’animo dei due amanti, ne inghirlanda le pulsioni e li accompagna in un vortice emotivo che non ha fine.
Il film conserva una certa sensibilità proustiana. La fotocamera presta un’attenzione quasi iperreale ai dettagli, riflettendo su alcune parole e soffermandosi sull’ossessività di un adolescente infatuato. La fotografia è netta e precisa, satura di blu ceruleo, giallo limoncello, rosso ciliegia e albicocca, ma allo stesso tempo leggermente consumata e sfocata. Il mondo oltre la sfera in primo piano di Elio e Oliver è in qualche modo sbiadito (le donne, in particolare, sembrano rimanere sfocate sullo sfondo).
L’ambientazione nel periodo degli anni ’80 amplifica questo effetto di sfocatura. Call Me by Your Name è pieno di dettagli e gioca a plasmare un’iconografia essenziale di quegli anni: una stampa di Robert Mapplethorpe, una maglietta dei Talking Heads, un libro Penguin Classic, in una discoteca all’aperto, Elio e Oliver ballano gli Psychedelic Furs. Sono dettagli che susciteranno un sorriso affettuoso per molti spettatori che hanno vissuto quegli anni.
Call me by your name è un’apologia dell’amore sussurrato, libero da ogni vincolo, panteistico. Ma è anche un film sull’emancipazione adolescenziale, sulla libertà assoluta di assaporare le proprie emozioni, come sottolineato nel monologo di sapore romantico del professor Perlman, padre di Elio: “Stai male e ora vorresti non provare nulla, forse non hai mai voluto provare nulla, ma ciò che ora provi io lo invidio… Soffochiamo così tanto di noi per guarire più in fretta, così tanto che a 30 anni siamo già prosciugati e ogni volta che ricominciamo una nuova storia con qualcuno diamo sempre di meno, ma renderti insensibile così da non provare nulla, è uno sbaglio.”
Elio e Oliver sono due parti complementari dello stesso amore che dilaga nelle campagne e rilascia quel tenue sapore di felicità che gonfia il cuore e pervade l’anima. Un’opera a cui è difficile resistere e che lascia una corte di immagini balenanti, che restano a lungo, e fanno male, come il ricordo fulminante di un amore estivo.
Titolo Originale: Call Me by Your Name
Quel genere di case, quegli interni, l'estate, la luce, i suoni. La storia. MI ha ricordato Éric Rohmer.