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Tarantino continua il suo percorso attraverso le contaminazioni cinematografiche che sono i pilastri della sua genesi artistica. In questo caso compie un’operazione oltremodo rischiosa andando a pescare negli spaghetti western di Corbucci ed estraendo dal cilindro uno dei personaggi storici di quel periodo e di quel genere: Django. Tarantino, come suo solito, incrocia diabolicamente la figura del pistolero redento con la lotta di liberazione degli schiavi negri nel sud razzista di fine ottocento. Ne esce una storia surrealmente avvincente. Il dottor King Schultz, un finto dentista in realtà cacciatore di taglie, libera lo schiavo Django e gli insegna il mestiere di pistolero. Dopo essersi avvalso dei preziosi servizi di Django il dottore lo aiuterà nel ritrovare la sua Broomhilda, come un novello Sigfrido nella saga dei Nibelunghi. Inutile dire che il film resta godibile dal primo all’ultimo fotogramma, con trovate deliziose ed omaggi più o meno velati al cinema italiano degli anni ’60 (il più clamoroso è forse il cameo di Franco Nero). Si aggiunga che l’opera, oltre che dall’estro del regista, viene nobilitata da un Christoph Waltz titanico (la sua interpretazione è così maiuscola che in effetti getta ombra sugli altri protagonisti riducendoli quasi a meri comprimari). Decine le scene da ricordare, dalla sobria uccisione del finto sceriffo Bill Sharp con un’altrettanto sobria spiegazione pubblica di Schultz, davanti a cento canne spianate verso di lui, di come in realtà lo sceriffo forse un ladro di bestiame sotto mentite spoglie, il tutto pronunciato con deliziosa ampollosità e verve ironica. Oppure la scena clou quando lo spietato negriero Calvin Candie si accorge della vera natura della visita di Schultz e Django nella sua magione (per liberare la donna di Django) e inscena un drammatico confronto nella sala da pranzo tra porcellane finissime e posate argentate con i due gentiluomini. Come in ogni film di Tarantino l’oceano di citazioni, di omaggi, di furti cinefili è talmente vasto che non se ne scorgono i confini, però per dirla con Leopardi: “Il naufragar m’è dolce in questo mare”.

Titolo originale: Django Unchained

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  1. massimiliano 10 Aprile 2021

    pieno di rimandi, pieno di verve, pieno di carattere, divertente, esilarante, etc etc non ne sbaglia uno, punto.

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