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Edward Davis Wood Jr. è stato definito come il peggior regista di tutti i tempi. I suoi film erano frutto di un’irriducibile caparbietà, di una smodata voglia di fare cinema con enorme scarsità di fondi, con sceneggiature a dir poco sgangherate, con attori e set a dir poco in sfacelo. Eppure Ed Wood, con la sua sequela di b-movies, è stato oggetto di un amore graduale ma costante durante gli anni seguiti alla sua scomparsa, fino a diventare per molti cineasti un punto di riferimento: un simbolo di come un uomo che ami fare cinema possa esprimere la sua arte attraverso la scarsezza dei mezzi. E questo film che Tim Burton gli ha voluto dedicare è frutto di questo amore: uno spericolato viaggio attraverso l’estetica di un regista di b-movies e uno sguardo profondo alla sua vita. Una biografia fatta di pulsioni, di nevrosi, d’irriducibile ironia, di stramberie di ogni genere, di coerenza stilistica, di lucida follia. Ed Wood è un bislacco giovane cineasta che negli anni ’50 intende portare avanti la sua personalissima concezione di cinema nel variegato panorama hollywoodiano. In questo senso l’incontro con Bela Lugosi è una sinergia feconda di allampanati progetti e fantasie vertiginose che si traducono in storyboard dai toni surreali. Ed Wood dimostrerà a se stesso che girare un film è innanzitutto un’esperienza interiore in cui il regista non fa altro che trasporre su pellicola un turbinoso flusso di coscienza. Un’opera deliziosa in cui giganteggia Martin Landau nel ruolo di Lugosi e in cui Depp appare assolutamente credibile nei panni del grottesco protagonista. Assolutamente mitologica la scena in cui Lugosi arriva ubriaco fradicio sul set e ingaggia una lotta furibonda con una piovra inerte a mezz’acqua mentre Ed Wood osserva estasiato.

Titolo originale: Ed Wood

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