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Da un soggetto di Charlie Kaufman una storia surreale, parodistica, grottesca. Una commedia del subconscio messa in scena con grande verve autoironica da uno stupefacente John Malkovich, attore dal grande talento che per la prima volta è il soggetto principale di un film, divenendone per così dire il fulcro narrativo e contemporaneamente l’interprete. Un regista intelligente e autenticamente geniale come Spike Jonze prende per mano una storia in bilico tra sogno e assurdo e ce la presenta con la naturalezza e la spontaneità di un melodramma verista condito con uno spruzzata di Kafka e una sfumatura dadaista.

Craig Schwartz (John Cusack) ottiene un posto da impiegato in un’azienda di archivistica situata al settimo piano e mezzo di un grattacielo di New York, quindi a metà strada tra un piano e l’altro con un soffitto molto basso (tanto che chi ci lavora deve camminare piegato). L’uomo scopre, dietro un pesante archivio di metallo, un cunicolo che conduce alla mente di John Malkovich. Chiunque imbocchi il pertugio avrà a disposizione quindici minuti per entrare nella mente di Malkovich e vivere la sua vita in quel preciso lasso di tempo. Poi sarà eiettato finendo in un fosso autostradale nel New Jersey. Craig ne parla alla moglie Lotte che vuole provare l’ebbrezza di essere John Malkovich. Ne rimarrà talmente disturbata che la sua sessualità cambierà irrimediabilmente. Nel frattempo anche la bellissima Maxine, collega di Craig e di cui l’uomo è segretamente innamorato, viene a conoscenza del cunicolo. Da qui in avanti la storia si complicherà non poco, con le due donne che tramite il trait-d’union della mente di Malkovich provano reciprocamente un’irresistibile attrazione sessuale. Infine anche John Malkovich verrà a conoscenza del tunnel mentale e lo proverà con effetti esilaranti.

L’abile setup registico di Jonze consente all’elemento surreale di percorrere il territorio della normalità e di emergere con naturalezza e senza alcuna forzatura, come se fosse da sempre innervato all’esperienza quotidiana. Il fatto che questo Surreale interagisca con elementi convenzionali della narrazione crea una sensazione di straniamento nello spettatore, una sospensione del giudizio pragmatico, una perdita dei punti di riferimento. Davvero memorabile la scena in cui John Malkovich entra nella sua stessa mente per mezzo del passaggio, creando una sorta di strappo nel tessuto logico della Realtà e finendo in un mondo dove tutti sono John Malkovich e dove ogni forma di linguaggio scritto ed orale è limitato alla parola “Malkovich”. Geniale, e molto divertente.

Titolo originale: Being John Malkovich

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