
Heimat
Un grande affresco della Germania e un penetrante ritratto di un’umanità dispersa nelle intricate trame della Storia. Reitz gira questa imponente opera in forma di film a episodi presentandolo alla 41ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia nell’agosto 1984 e quindi mandandolo in onda a puntate per la TV tedesca. Diviso in undici episodi, ognuno con una precisa scansione temporale, narra le vicende di tre famiglie: Simon, Wiegand e Glasich, nella cittadina immaginaria di Schabbach, situata nella regione dell”Hunsrück, nella parte sud-occidentale della Germania, terra natale del regista. Attraverso l’epopea di queste tre famiglie Reitz penetra delicatamente la cortina della Storia rivelandone cause ed effetti in relazione ai personaggi in gioco. Certa parte della critica si è limitata a definirlo un omaggio di Reitz alla propria terra ma sarebbe davvero riduttivo circoscrivere un tale capolavoro ad una definizione così svilente. In realtà è il fluire stesso delle immagini, la loro raffinata alchimia, che disegna nell’anima dello spettatore quasi un secolo di storia tedesca. Attraverso le storie personali dei protagonisti scopriamo uomini assolutamente normali le cui aspirazioni massime sono riunirsi alla propria famiglia o fare ritorno al natio borgo selvaggio. Tramite questo processo veristico si innesca una compartecipazione da parte dello spettatore che segue l’andamento delle vicende con crescente attenzione. Ed è esattamente questo che fa di una storia un elemento epico: attraverso la vicenda di un individuo si identificano le sue gesta con la memoria storica, le tradizioni di un’intera nazione. Tutto è funzionale alla narrazione: la fotografia, la recitazione, l’ambientazione, il taglio registico, la sceneggiatura scevra di ogni inutile barocchismo. Un monolite nella storia del cinema.
Titolo originale: Heimat – Eine deutsche Chronik

Sono un essere senziente. Mi occupo di varia umanità dall’età di circa due anni. Sono giunto al mezzo secolo di esperienza vissuta su questo Pianeta. Laureato in Lettere Moderne con una tesi sulla Poetica dell’ultimo Caproni nel 1996. Interessato al cinema dall’età di tre anni e mezzo dopo una sofferta visione dei Tre Caballeros della Disney, opera discussa e aspramente criticata in presenza delle maestre d’asilo. Alla perenne ricerca di un nuovo Buster Keaton che possa riportare luce nelle tenebre e sale nei popcorn.