
Hunger
Un film asciutto e acuminato, come una stilettata nel buio. Sporco, acre, libertario e scevro da ogni fronzolo retorico. Un’opera di una tensione drammatica spontanea che nasce dalla terribile vicenda di Bobby Sands, attivista irlandese dell’IRA, rinchiuso nel tristemente famoso blocco H dagli inglesi. Siamo nel 1981 e il primo ministro inglese Margaret Thatcher ha appena abrogato la legge che considerava prigionieri politici i detenuti nordirlandesi detenuti per crimini politici. La vita di Booby Sands tra privazioni feroci e negazione di ogni elementare diritto umano, tra vessazioni e torture di ogni genere, scorre come cristallizzata in una bolla dove spazio e tempo sono annullati. La sua purezza nella lotta per affrancarsi da una prigione prima di tutto mentale, e poi fisica. Bobby Sands è il martire raccontato con freddezza, senza cedere al trionfalismo hollywoodiano nè alla facile retorica da blockbuster. Da evidenziare la grande prova di Fassbender, attore mai sopra le righe, mai un briciolo di enfasi, ma armoniosamente inserito nel disegno estetico quasi da reportage del giovane promettente regista. Un’opera crudele e gigantesca che consacra Steve McQueen come regista tra i più interessanti dell’ultima generazione.
Titolo originale: Hunger

Sono un essere senziente. Mi occupo di varia umanità dall’età di circa due anni. Sono giunto al mezzo secolo di esperienza vissuta su questo Pianeta. Laureato in Lettere Moderne con una tesi sulla Poetica dell’ultimo Caproni nel 1996. Interessato al cinema dall’età di tre anni e mezzo dopo una sofferta visione dei Tre Caballeros della Disney, opera discussa e aspramente criticata in presenza delle maestre d’asilo. Alla perenne ricerca di un nuovo Buster Keaton che possa riportare luce nelle tenebre e sale nei popcorn.