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Sullivan’s Travel è l’opera in cui Preston Sturges infuse con più passione e impeto la propria arte unitamente ad una visione rielaborata delle vicende umane. Ne nacque un film divertente, profondo e assai godibile. La storia è quella di John Lloyd Sullivan, un commediografo di successo che intende scrivere e dirigere una piéce sugli strati più umili e indigenti della società. Per farlo si cala nella parte travestendosi da clochard e inizia a peregrinare per la città per raccogliere informazioni. Sarà l’inizio di una sarabanda di avventure che lo porteranno in prigione, accusato di essere l’assassino di se stesso. Ma la redenzione è lì a due passi: sia personale che artistica. L’uomo troverà infatti l’amore e l’ispirazione drammaturgica. Un film inebriato da una denuncia sociale soft, con un mezzo sorriso sulle labbra, più di ogni altra cosa per capire questo film valga questo scambio di battute tra Sullivan e il suo maggiordomo: “Voglio andare per la strada a scoprire cosa significhi essere povera gente: fare un film sulla miseria.” “Se mi è permesso dire, signore, il soggetto non interessa a nessuno. li povero sa tutto sulla povertà: solo agli intellettuali piacerà l’argomento.” “Ma io voglio farlo per i poveri, non capisci?”

Titolo originale: Sullivan’s Travels

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