I Pugni in Tasca
Film d’esordio per un regista che non ha mai amato i compromessi. E lo spirito di Bellocchio è perfettamente infuso anche in quest’opera prima dove un dramma familiare è vivisezionato con rigore quasi scientifico mettendone a nudo gli oscuri recessi e le torbide implicazioni. La storia è ambientata nel piacentino, a Bobbio, in una casa di una famiglia borghese con una vedova non vedente che vive con i suoi 4 figli. Uno di questi, Alessandro, ha problemi caratteriali uniti ad una patologia epilettica. In un folle disegno pianificherà l’uccisione della madre e di un fratello menomato mentale adducendo pretesti umanitari. Comincerà un morboso e logorante lavorio per mettere in atto il suo allucinato progetto di morte. Un film che trasuda angoscia e in cui Alessandro è il Deus ex Machina e la vittima sacrificale, il Demiurgo e il Folle. Dietro la sua mente malata s’intravede lo sguardo freddo e acuto di Bellocchio, la sua abilità nel muovere i personaggi e nello scarnificarne la sfera psicologica. Tra tutte le scene che colpiscono ne selezioniamo una forse paradigmatica: la cena. La famiglia è riunita a tavola e Alessandro si muove nervosamente sulla sedia, la cinepresa segue i suoi scatti con primi piani brutali del braccio che si appoggia al mobile retrostante, delle gambe che importunano la sorella sotto al tavolo, del viso che scatta contro il fratello reo di mangiare male. Per tutta la lunga scena regna un silenzio surreale interrotto soltanto dai miagolii dee gatto di casa che si arrampica sul tavolo per rubare il cibo dal piatto della madre cieca. Un’opera al nero: tetra e appassionante nelle sue inquietudini.
Titolo originale: I Pugni in Tasca
Sì, grande film.Ma non lo riguarderò.
gran film