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Un’opera che dopo oltre 50 anni conserva tutto il suo fascino di fedele spaccato del sottobosco di varia umanità che in qualche modo tentava di stare a galla e di sbarcare il lunario. Un Monicelli sopraffino tratteggia un manipolo di personaggi che paiono sputati fuori da una novella di Boccaccio. C’è Peppe, il pugile balbuziente interpretato da Gassman, c’è Tiberio (Mastroianni) alle prese con i suoi guai familiari, c’è il capobanda bislacco e imprevedibile che è Totò naturalmente. Insieme lavoreranno al colpo della vita: rapinare il Banco dei Pegni sfondando un tramezzo di una casa confinante. Una lezione di comicità trasfusa nel vissuto contaminato da cialtroneria e balordaggine. Godibile, spassoso, irriverente, tangibile come un romanzo di Verga, cialtrone come un racconto del Folengo. La grandezza di Monicelli sta nel creare compartecipazione e pathos attraverso un intercalare di scene di vita quotidiana, di gesti semplici. Una poetica delle piccole cose, come la scena perfetta in cui la banda, non trovando nulla da rubare, si accontenta di un piatto di pastasciutta fermando bruscamente la tensione e creando un’oasi temporanea di ristoro e pace. Un nodo imprescindibile del nostro cinema con cui fare i conti.

Titolo originale: I Soliti Ignoti

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