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Riconosciuto universalmente come il capolavoro di Jacques Becker, Le Trou è l’ultimo film del regista francese prima che una prematura morte lo strappasse alla storia della Settima Arte a soli 53 anni. Tratto da un romanzo di Jose Giovanni e sceneggiato a quattro mani dallo stesso Giovanni e da Becker, trae ispirazione dalla mitica figura di Roland Barbat, il Grande Maestro francese delle evasioni, conosciuto da Giovanni in cella e presente nel film con il nome d’arte di Jean Keraudy.

Quattro detenuti che condividono la stessa cella progettano un’evasione per sfuggire dal carcere parigino di La Santé. Nella loro cella, alla vigilia della messa in atto del piano, viene trasferito un quinto detenuto. Dopo essere stato messo al corrente del piano di fuga Claude Gaspard decide di unirsi al gruppo. Il ragazzo infatti è stato imprigionato dopo aver accidentalmente ferito con un fucile da caccia la moglie, gelosa e furente a causa della liason tra il marito e la sorella. Dopo aver aperto un passaggio nel pavimento i prigionieri guadagnano l’accesso ai sotterranei della prigione attraverso i quali è possibile raggiungere i cunicoli fognari. Attraverso uno di questi tunnel sotterranei viene individuato un punto in cui è possibile, tramite l’escavazione di un cunicolo di fortuna, raggiungere la rete fognaria pubblica e guadagnare la libertà. Inizia così un lungo e sfibrante lavoro di scavo in cui i detenuti si alternano per completare l’opera, fino all’agognato abbattimento dell’ultimo diaframma che li separa dalla libertà. Ma seppur denudata di ogni difesa la libertà è una Dama capricciosa e sfuggente che si rivelerà più ardua del previsto da raggiungere.

Becker trasfonde nel film tutta la sua Arte di consumato artigiano della cinepresa. Una visione estetica del mondo che nasce dall’amore per il particolare, vellutati primi piani che svelano al pubblico il cuore dell’azione facendo parlare le piccole cose: un pacchetto di sigarette accartocciato, un fiammifero incastrato nel cardine di una botola, l’impugnatura di fortuna di una sega per ferro, una clessidra ricavata con due boccette di medicinali, un ingegnoso manichino costruito con scatole di cartone e mosso mediante una cordicella, i detriti e la polvere dello scavo dei fuggitivi, uno spazzolino con un frammento di specchio per spiare i movimenti delle guardie. Tutti questi oggetti compongono un meraviglioso mosaico che si configura come un ingegnoso e portentoso macchinario narrativo a cui Becker affida la sua opera. E lo spettatore rimane avvinto da questo microcosmo perfettamente contestualizzato di cui può saggiare ogni più capillare recesso. Il risultato è un film di una bellezza fulminante, ultimo prezioso lascito di un grande regista che seppe mettere a nudo l’uomo e le sue nevrotiche contraddizioni attraverso un linguaggio che dalla nuda immagine si allargava a Concetto, dal particolare diveniva iconografia universale capace di imprimersi a fuoco nell’immaginario di chi guardava i suoi film.

Titolo Originale: Le Trou

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