
Il Grido
Un doloroso messaggio di incomunicabilità, questa potrebbe essere la suprema sintesi di questa affascinante opera di Michelangelo Antonioni. Il regista affida ad un viaggio l’esperienza mistificante dell’emarginazione sentimentale del protagonista e attraverso i suoi occhi rielabora un paesaggio di provincia ostile, inconoscibile attraverso la cartina di tornasole di un amore fallito. La storia è imperniata sul viaggio di un uomo e della sua figlioletta attraverso la regione padana. L’uomo si è allontanato di casa dopo aver litigato con la compagna che lo ha lasciato per un altro e cerca attraverso il movimento una sorta di catarsi, un tentativo di redenzione. Ma persone e luoghi che gli si faranno incontro non faranno altro che allontanarlo ancor di più dalla realtà, dalle emozioni e in definitiva da se stesso. Un grandioso film sulla parola non detta, sul passato che mastica la vita, sui rapporti umani azzerati, sullo straniamento causato da una vita fatta di correlazioni oppressive. Un’opera in cui l’ambiente circostante è filmato con studiata nettezza, una pulizia che sembra essere analogia di un dolore inesauribile, di un vissuto che si impasta ad alberi, filari e campi della pianura padana e ne esce dissolto nel nulla, un grido afono che esce dal ventre della terra spegnendo ogni speranza.
Titolo originale: Il Grido

Sono un essere senziente. Mi occupo di varia umanità dall’età di circa due anni. Sono giunto al mezzo secolo di esperienza vissuta su questo Pianeta. Laureato in Lettere Moderne con una tesi sulla Poetica dell’ultimo Caproni nel 1996. Interessato al cinema dall’età di tre anni e mezzo dopo una sofferta visione dei Tre Caballeros della Disney, opera discussa e aspramente criticata in presenza delle maestre d’asilo. Alla perenne ricerca di un nuovo Buster Keaton che possa riportare luce nelle tenebre e sale nei popcorn.