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Un vero e proprio luogo della bellezza imperniato su un’aspra critica sociale, un lungo grido di dolore che sale sommessamente dal film e ne diviene potente mezzo di comunicazione con l’Occidente. Si potrebbe condensare così il primo film di Ray della trilogia di Apu che spalancò gli occhi occidentali sulle potenzialità cinematografiche di una nazione nuova, che sarebbe in breve divenuta prima produttrice mondiale dell’industria cinematografica. La vicenda è quella di una famiglia contadina che affronta una tremenda povertà attraverso il filtro dello sguardo del più piccolo: Apu. La lotta contro eventi e malasorte ricorda vividamente i Malavoglia di Verga. Quando la famiglia deciderà di trasferirsi a Benares per cercare miglior sorte lo struggente addio alla natura, ai luoghi, ai ricordi diviene occasione di un incantevole lirismo che non eccede mai in patetismo. Meravigliosa la fotografia di Subrata Mitra in un bianco e nero filtrato con gusto e originalità. E infine una menzione speciale per la colonna sonora finemente concepita e composta da Ravi Shankar, in cui sono impiegati strumenti nativi, una musica che definisce ed esalta la triste narrazione ponendola in una cornice di uno stato d’animo malinconico. Un’opera commovente, potente, destabilizzante.

Titolo originale: Pather Panchali

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