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Da un romanzo di Stephen King ancora un altro film palpitante di Darabont dopo Le Ali della Libertà. Il miglio verde è l’ultimo tratto di corridoio pavimentato di verde che percorrono i condannati alla sedia elettrica. Un’opera imponente: tre ore di durata, ricostruzioni storiche minuziose e credibili, attori sempre all’altezza con l’eccellenza di Tom Hanks.

Un gruppo di detenuti del penitenziario di Cold Mountain nel 1935 fa la conoscenza di John Coffey, un gigantesco omone con poteri taumaturgici eccezionali. John è stato condannato a morte perchè accusato di aver violentato e ucciso due bambine, ma in realtà è innocente. Il vero autore dell’atroce delitto finirà nello stesso carcere con altre accuse. Con l’arrivo di John Coffey cambiano i rapporti dentro le anguste mura della prigione, sarà l’occasione per fare breccia in un mondo dove ostilità e violenza caratterizzano i rapporti tra carcerieri e reclusi.

Splendida la mano di Darabont in regia, come al solito molto pulito, con uno stile sobrio e per nulla ridondante, la sua visione non eccede mai in inutili formalismi ma cattura l’essenza dell’emozione in scena e la fa arrivare dritta al cuore dello spettatore. Fulminante in questo senso la scena della guarigione della moglie del direttore del carcere, suggestivo il modo in cui viene resa visivamente l’inalazione da parte di John del male contenuto nel corpo della donna. La figura di John Coffey creata da King, incarnata dall’imponente Michael Clarke Duncan e santificata da Darabont è il grande lascito iconografico di questo film, una sorta di logo penetrato nell’immaginario di ogni appassionato di cinema.

Titolo originale:The Green Mile

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