
Il Mondo di Apu
Dopo Pather Panchali (Il lamento sul sentiero) e Aparajito (L’invitto), “il mondo di Apu” è il terzo film della celeberrima saga di Apu del regista indiano (nativo bengalese) Ray. Forse dei tre è quello più occidentale sia per impostazione ideologica che nel rendere le pulsioni psicologiche del protagonista, sicuramente il più affascinante della trilogia. La storia è quella di Apu, spiantato scrittore senza lavoro, che sposa la bellissima Aparna. Singolare è come ciò avviene e come Ray ne disponga l’intreccio. Il mondo di Apu è un film suddiviso in tre atti. Nel primo, siamo introdotti nell’Apu adulto (interpretato da un grande Soumitra Chatterjee), uno scrittore in lotta con il mondo che vive in un appartamento di Calcutta negli anni ’30. Apu è solo al mondo, avendo già perso sua sorella (Pather Panchali) e padre e madre (Aparajito). È indietro di tre mesi nel suo affitto, quindi, per soddisfare le richieste del suo padrone di casa, è costretto a vendere alcuni dei suoi preziosi libri. I lavori sono scarsi e Apu non ne trova uno che gli si addica. Un giorno, il suo vecchio amico di scuola, Pulu (Swapan Mukherjee), arriva per invitarlo a un matrimonio nel villaggio di Khulna. Apu, che non ha nient’altro da fare, accetta di venire. Il giorno del matrimonio, tuttavia, lo sposo manifesta problemi mentali inaspettati e la sposa, Aparna (Sharmila Tagore), rimane desolatamente sola sull’altare. La sua superstiziosa famiglia crede che se un matrimonio non si svolga all’ora stabilita, la donna sarà maledetta per sempre. Per salvarla, Apu viene reclutato come “sostituto dello sposo”. Questo è quindi l’episodio in cui Apu conosce la sua bella Musa, dal destino tuttavia tragico. La donna infatti morirà di parto dando alla luce suo figlio e Apu si rifiuterà di vedere il bambino fino al suo quinto anno d’età, ritenendolo inconsciamente colpevole della scomparsa del suo grande amore. Ne nasce uno struggente rapporto tra padre e figlio che sarà il fulcro della narrazione. Un film di una raffinatezza stilistica ineguagliata, dove espressionismo e neorealismo si fondono per dar vita ad un’opera di commovente bellezza. Un film che rimane a lungo nel cuore perchè sa parlare con il linguaggio dei sentimenti più puri, denudati di ogni sovrastruttura sociale, emozioni adamantine che salgono alla ribalta con una forza iconografica senza pari, una sorta di linguaggio dell’anima che azzera ogni vezzo superfluo.
Titolo originale: Apur Sansar