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Pier Paolo Pasolini al suo confronto con la spiritualità. Lui, uomo laico, intellettuale di sinistra agnostico, realizza un delicato ritratto del Cristo, in cui misticismo e divinità traspaiono dai gesti fisici, dall’amore terreno, dagli affetti e dalle emozioni umane, e non già dal Dio in terra. Un’opera laica sulla figura del Cristo? Non propriamente. “Il vangelo secondo Matteo” è uno sguardo delicato a ciò che ci sovrasta, colmo di umani interrogativi. Ed è anche uno struggente ritratto del Figlio di Dio attraverso occhi che lo cercano, che vogliono conoscere la sua divinità, un tentativo di intravedere in Cristo il lato umano e magari di comprendere come l’idea della Morte vista da Cristo possa essere la stessa che si presenta molto spesso a noi. Il film ripropone la vita di Cristo dagli insegnamenti nel Tempio fino al supplizio della Croce. Nella sua opera Pasolini pone molta cura filologica al testo del Vangelo e a volte leggere un passo di Matteo e guardarlo messo in scena da Pasolini è un’operazione quasi indistinguibile. Le azioni di Cristo sono le azioni di un uomo santo spogliato di ogni elemento ultraterreno. Una santità tangibile, svelata di ogni terribile mistero. Ma quanta forza in quelle immagini, quanta sublime poesia in quel volto fatto di carne e dolci lineamenti. Un film che ci insegna una nuova dimensione del cristianesimo: un brivido lungo duemila anni.

Titolo originale: Il Vangelo secondo Matteo

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