Inception
Un disordine prestabilito dove l’occhio vaga compiaciuto mentre l’arte raffinatissima di Nolan spinge ai massimi livelli narrazione e prospettiva iconografica. Può essere questo uno dei possibili parametri di lettura di un’opera concettualmente complessa, superbamente messa in scena con tecniche surrealiste per la ricostruzione dei sogni e del loro instabile palcoscenico. Nolan tenta l’azzardo di trasporre su pellicola ciò che risiede nella mente umana costruendoci intorno un accattivante reticolo narrativo. La storia è incentrata sulla figura di Cobb, la cui abilità di inserirsi nei sogni delle persone e prelevare informazioni è richiesta in ogni angolo del globo. Cobb viene contattato da Saito, potente industriale giapponese, che gli commissiona l’operazione inversa: impiantare un’idea nella mente di un suo concorrente, in maniera tale da indurlo a disgregare l’azienda paterna. Inizierà una discesa à la Verne attraverso i livelli onirici dell’uomo, giù fino al profondo del subcosciente, per innestare il germoglio indelebile di un’idea. Allegorico, metaforico, surreale: gli aggettivi per un film come questo potrebbero sprecarsi. Nolan gioca con le regole non scritte di Philip K. Dick a destrutturare la Realtà privandola dei suoi costrutti. Durante la sua narrazione la sensazione di alienazione è palpabile, e il dubbio angosciante realtà-sogno divora ogni punto di riferimento.
Titolo originale: Inception
Questo regista vuole fondare un nuovo ordine film, un nuovo ordine del tempo. Ce la farà. Per me l'unico difetto ancora presente è che vuole spiegare tutto, e troppo. Da vedere, tutti i suoi del resto.