
Inception
Un disordine prestabilito dove l’occhio vaga compiaciuto mentre l’arte raffinatissima di Nolan spinge ai massimi livelli narrazione e prospettiva iconografica. Può essere questo uno dei possibili parametri di lettura di un’opera concettualmente complessa, superbamente messa in scena con tecniche surrealiste per la ricostruzione dei sogni e del loro instabile palcoscenico. Nolan tenta l’azzardo di trasporre su pellicola ciò che risiede nella mente umana costruendoci intorno un accattivante reticolo narrativo. La storia è incentrata sulla figura di Cobb, la cui abilità di inserirsi nei sogni delle persone e prelevare informazioni è richiesta in ogni angolo del globo. Cobb viene contattato da Saito, potente industriale giapponese, che gli commissiona l’operazione inversa: impiantare un’idea nella mente di un suo concorrente, in maniera tale da indurlo a disgregare l’azienda paterna. Inizierà una discesa à la Verne attraverso i livelli onirici dell’uomo, giù fino al profondo del subcosciente, per innestare il germoglio indelebile di un’idea. Allegorico, metaforico, surreale: gli aggettivi per un film come questo potrebbero sprecarsi. Nolan gioca con le regole non scritte di Philip K. Dick a destrutturare la Realtà privandola dei suoi costrutti. Durante la sua narrazione la sensazione di alienazione è palpabile, e il dubbio angosciante realtà-sogno divora ogni punto di riferimento.
Titolo originale: Inception

Sono un essere senziente. Mi occupo di varia umanità dall’età di circa due anni. Sono giunto al mezzo secolo di esperienza vissuta su questo Pianeta. Laureato in Lettere Moderne con una tesi sulla Poetica dell’ultimo Caproni nel 1996. Interessato al cinema dall’età di tre anni e mezzo dopo una sofferta visione dei Tre Caballeros della Disney, opera discussa e aspramente criticata in presenza delle maestre d’asilo. Alla perenne ricerca di un nuovo Buster Keaton che possa riportare luce nelle tenebre e sale nei popcorn.