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Un film nevrotico, ironico e irrazionale questo Annie Hall di Woody Allen, dove il regista da sfogo a tutta la propria creatività dando vita ad un personaggio che scarnifica la propria mente, le proprie ossessioni, le proprie emozioni per riverberarle sullo spettatore che lo segue sempre con un mezzo sorriso pronto a mutarsi in risata sguaiata. Il risultato è un’opera godibile, dove ognuno di noi si cala nei panni di Alvy Singer e ne condivide ogni più capillare nevrosi ridendo al fuoco di fila delle sue battute (alcune tra le migliori: “Ehi, non denigrare la masturbazione: è sesso con qualcuno che amo”, “Mia nonna non mi ha mai fatto regali, era troppo impegnata a farsi stuprare dai cosacchi”, I politici hanno una loro etica. Tutta loro. Ed è una tacca più sotto di quella di un maniaco sessuale”). La storia è un gigantesco flashback dove il protagonista rivive la sua vita, le sue fobie e soprattutto il suo amore per Annie, un’aspirante cantante che tenta la via del successo. Ne seguiremo rotture e riconciliazioni, scenate e dichiarazioni d’amore bislacche e autoironiche, fino ad arrivare là dove nessun amante è mai giunto prima. Alcune scene davvero esilaranti come l’uccisione del ragno nel bagno di Annie alle tre di notte tra mille domande, esitazioni e perchè. O anche la scena della coda al cinema con il pedante critico alle spalle che gli sciorina il suo dubbio ermeneutico sull’ultimo lavoro di Fellini (per la cronaca dovrebbe essere il Casanova) mentre Alvy lo vorrebbe ricoprire di sterco di cavallo. Poi all’ennesima filippica del molesto tizio contro Marshall McLuhan Alvy sbotta e si rivolge alla telecamera passando dalla realtà al “se fosse”: e così estrae letteralmente da un cartellone pubblicitario Marshall McLuhan in persona che distrugge il tizio con sommo gaudio di Alvy. Un film succulento, pieno di scanzonato sarcasmo e di autentica ispirazione, la stessa ispirazione che Allen ritroverà di lì a poco in un altro suo capolavoro: Manhattan.

Titolo originale: Annie Hall

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