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Francis Ford Coppola si cimenta in una spy story dal forte sapore introspettivo e autunnale. Harry Caul è un paranoico genio delle intercettazioni estremamente metodico nel suo lavoro a cui viene dato il compito di intercettare una coppia di giovani in una piazza. Ascoltando la conversazione dei giovani si convince che sono amanti e che colui che gli ha affidato il lavoro sia il marito intenzionato ad ucciderli. Roso dai rimorsi non sa come avvertire la coppia ma intanto scopre che è il marito ad essere stato ucciso dalla coppia. Da quel momento entrerà in una spirale di vendette e ricatti che lo renderà paranoico. La scena finale (la più bella del film) lo vede distruggere tutti i mobili di casa alla ricerca di inesistenti cimici che potessero spiarlo per poi malinconicamente sedersi sulle macerie suonando il suo Sax. La percezione della realtà viene distorta e il protagonista non sa più cosa è reale e cosa non lo sia, nonostante tutta la sua perizia tecnica nelle intercettazioni si sente irrimediabilmente perduto perchè completamente scollato dal tessuto reale. L’opera di Coppola ricorda molto da vicino Blow Up di Antonioni, dove lì era un fotografo a provare la stessa sensazione tramite il senso della vista mentre qui viene coinvolto il senso dell’udito con il medesimo distacco dal Pragma. La conversazione è anche una dettagliata riflessione sul ruolo della parola carpita, sul rumore del mondo intorno a noi e su come interpretarlo. Un grande Gene Hackman nei panni di un personaggio che ci appare quantomai autentico nelle sue nevrosi e soprattutto nelle sue più intime debolezze.

Titolo originale: The Conversation

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