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Quando nel 1951 Howard Hawks mise le mani sul racconto di John W. Campbell intitolato “Who Goes There?” adattandolo in sede di sceneggiatura, ne uscì uno dei classici del cinema di fantascienza degli anni ’50. Il film uscì nel 1951 con il titolo “The Thing from Another World” a firma del semisconosciuto regista Christian Nyby, anche se di fatto Howard Hawks lo coadiuvò in regia, seppur non accreditato. John Carpenter partì da questo film per una sua personale rivisitazione del testo di Campbell scostandosi dal lavoro di Hawks e rielaborandone una propria versione in chiave Thriller/Horror. Carpenter compie un capillare lavoro di destrutturazione del lavoro di Hawks scostandosi da una visione pragmatica e tutto sommato convenzionale, per immergere la sua storia in un atmosfera paranoica, angosciante, asfittica.

In una Base Antartica presidiata da un equipe americana di ricerca compare un elicottero norvegese di un’altra base dislocata più a nord. Il velivolo sta inseguendo un cane Husky quando precipita ed esplode. L’unico sopravvissuto allo schianto cerca disperatamente di abbattere il cane ma nella concitazione spara ad uno dei membri della base e viene ucciso. Il team comincia ad indagare su ciò che è accaduto nella base norvegese andando a compiervi un sopralluogo. Dopo un esame delle prove rinvenute appare chiaro che il team scandinavo aveva riesumato dal ghiaccio una creatura non definita. Nel frattempo fenomeni inquietanti si susseguono nella base ed appare chiaro che l’entità risvegliata è ostile e ha la facoltà di duplicare qualsiasi organismo vivente simulandone le attività biologiche e sociali. Tra gli uomini della Base c’è qualcosa che si nasconde e qualcuno di loro non è che chi dice di essere.

Avvalendosi della maestria del grande effettista Rob Bottin, Carpenter riesce a dare forma tangibile all’incubo, plasmando una sorta di orrore indefinibile che muta continuamente la propria struttura morfologica. Memorabili le scene in cui la Cosa viene finalmente alla luce, tra inquadrature gore, luci incerte e sapienti cambi di campo Carpenter riesce a tenerci sempre con le mani nervosamente artigliate ai braccioli della poltrona. Ma la vera grandezza del suo film risiede nell’atmosfera di incertezza che permea ogni fotogramma. Carpenter fa piazza pulita della teoria hollywoodiana secondo cui un ingegno brillante ed una buona dose di coraggio possono portare l’uomo a prevalere sulla Cosa venuta dallo Spazio, discostandosi dal taglio istituzionale che Hawks diede alla storia (seppure con notevoli impennate estetiche). Nel suo film l’Uomo non ha alcun punto di riferimento, è completamente in balia degli eventi, ogni rapporto sociale è corrotto da diffidenza, paura e ipocrisia. La Cosa è prima di tutto uno stato mentale, un Limbo Nichilistico dove ogni vincolo umano viene azzerato. Aldilà di essa si estende infinita una sorta di Wasteland, una devastazione sconfinata dove gli uomini soccombono alle loro stesse paure.

Titolo Originale: The Thing

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