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Un’opera in cui Cassavetes rende omaggio al teatro e anzi ne decreta l’assolutezza ontologica a fronte di una realtà esterna in cui spesso il peso di un’ostilità incombente diviene insostenibile. Una divina Gena Rowlands lo affianca in questo progetto e ne oblitera la grandezza con un’interpretazione davvero gigantesca. La storia è quella di Myrthe, un’anziana attrice di teatro che viene a conoscenza della morte di una fan. La donna inizierà a subire le conseguenze dell’incidente con sogni, allucinazioni e apparizioni inquietanti. Nello stesso tempo l’attrice è preda di una crisi di nervi per il tono troppo oppressivo della sua nuova piéce. Myrthe si sente irrimediabilmente invischiata nel personaggio di cui sta vestendo i panni che la trascina in un un lento gorgo di follia. Cercherà in ogni modo di esorcizzare il suo alter ego improvvisando e cambiando le battute del copione. Verrà in suoi aiuto il co-protagonista, un uomo per tutte le stagioni che, tra le altre mansioni, riveste anche quella di amante. Un film splendido che sdoppia realtà e finzione per poi fonderle in un processo di lenta mistificazione. Lo spettatore è travolto dai 3 piani che si intersecano all’infinito: realtà, teatro e sogno. C’è infine la riflessione sull’altro da sè che si riverbera dall’attore portandolo a vivere multiple personalità. Come in un prisma l’io dell’attore si frantuma in miriadi di riflessi, ognuno dei quali è un lancinante interrogativo che attende una risposta.

Titolo originale: Opening Night

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