L’Armata degli Eroi
- Claude Mann, Jean-Pierre Cassel, Lino Ventura, Paul Crauchet, Paul Meurisse, Serge Reggiani, Simone Signoret
- Jean-Pierre Melville
- Drammatico, Guerra
- 12 Settembre 1969
Un Melville che non ti aspetti abbandona i foschi temi del noir metropolitano per addentrarsi nel dramma bellico che coinvolse e travolse la Francia. Il bellissimo titolo originale di quest’opera, L’Armée des Ombres (l’Armata delle Ombre) fa balenare immediatamente il significato ultimo della narrazione. Un esercito sotterraneo che, durante la feroce occupazione nazista, si muoveva in silenzio dietro una rispettabile facciata, per opporre una silenziosa ma strenua resistenza all’invasore. Tratto dal celeberrimo omonimo romanzo di Joseph Kessel, scritto nel 1943 da un testimone oculare di quei tragici eventi ed edito qualche anno dopo, è un crudo resoconto delle attività della Resistenza francese e degli eroi che immolarono la propria vita per un bene superiore: la Libertà. Uomini, è bene dirlo, spogliati di ogni alone retorico di propaganda ma raffigurati nella loro fragile umanità. Ed è forse questo l’aspetto più intimamente affascinante di questo film: i suoi personaggi camminano a malapena in avanti mentre cercano disperatamente di sopravvivere alla repressione nazista o alle ambiguità morali intrinseche alla loro posizione. La Resistenza di Melville sembra un’inevitabile percorso verso la morte, una trappola mortale in cui gli uomini si dibattono vanamente. Questa visione oscura e in qualche modo obliqua rispetto alla Storia eleva la cifra artistica dell’opera donandole una patina di tenebrosa indecifrabilità, di insondabile latenza semantica.
Il film si apre con la parata nazista sotto l’Arco di Trionfo a Parigi nel 1940, anno in cui la Francia capitolò sotto i colpi del nemico divenendo, di fatto, una nazione militarmente occupata. L’azione quindi si sposta e prende luogo nel 1942. Il protagonista del racconto, Philippe Gerbier, sobrio intellettuale antifascista, viene catturato e condotto in una campo di prigionia controllato dalla polizia di Petain, il governo collaborazionista che agiva in concerto con gli invasori. Subito viene inquadrata la personalità dell’uomo che si siede in silenzio nella camerata dei prigionieri offrendo le sue sigarette ai compagni. Successivamente l’uomo viene condotto in un albergo parigino per subire l’interrogatorio della Gestapo, ma grazie ad una stratagemma riesce a fuggire facendo perdere le proprie tracce anche grazie al silenzioso aiuto di un barbiere che ospitandolo nel proprio negozio lo nasconde alla ricerca. Dopo questo episodio Gerbier lascia Parigi per raggiungere a Marsiglia un manipolo di partigiani gollisti. Da qui continuerà la sua attività di Resistenza sotto la forma di azioni di sabotaggio, senza mai opporsi militarmente al nemico. Come prima azione decide di uccidere il compagno delatore che lo ha consegnato nelle mani della polizia. La scena dell’uccisione del traditore è emblematica: l’uomo viene portato in una casa affittata per l’occasione, ma la presenza di rumorosi vicini fa temere a Gerbier e compagni di essere scoperti. Viene quindi scartata l’opzione di giustiziare il traditore con una pistola ma viene strangolato con un laccio al collo. Tutto si svolge in un silenzio irreale e la cinepresa indugia sui volti degli esecutori e su quello del giustiziato, tutto appare diafano e surreale, in una muta e prolungata espressione di orrore che transita indifferentemente su ciascun volto. Al gruppo di Gerbier si unisce anche Jean François Jardie, il cui fratello, raffinato intellettuale parigino, è in realtà il capo segreto della Resistenza francese. L’incontro tra i due fratelli, nella casa parigina di Luc, è giocato su un registro semantico differente rispetto al resto del film e si ha l’impressione di assistere alla presentazione di un personaggio indolente e timoroso la cui vera natura verrà più tardi svelata. L’occasione per rivelarne la vera identità è un viaggio segreto di Luc Jardie e Gerbier a Londra, al fine di coordinare le attività della Resistenza con quella degli Alleati. I due uomini, ricevute scarne promesse di collaborazione da parte degli inglesi, riluttanti a causa della diffidenza di Churchill verso la Resistenza stessa, si aggirano in una Londra la cui vita, nonostante la guerra, appare gaia e spensierata, lontana anni luce dal soverchiante terrore che in quel momento si respirava in Francia. Addirittura i due uomini hanno occasione di assistere al film Via col Vento, commentandone la bellezza all’uscita dal cinema. Mentre sono ancora a Londra ricevono la notizia che Felix, un loro compagno di lotta, è stato catturato dai tedeschi ed è in quel momento sotto tortura. Gerbier rientra precipitosamente in patria facendosi paracadutare da un aereo inglese in una zona rurale. Mathilde, una donna dall’indole forte e dal temperamento geniale, lo informa sulla situazione cercando di escogitare un piano per liberare Felix, ma tutto si rivela inutile. Allora Jean François si consegna volontariamente al nemico per aver modo di consegnare una pillola di cianuro all’uomo, ma anche il suo sacrificio risulterà vano. Infine anche Gerbier viene catturato dai tedeschi che lo condannano a morte imponendogli di correre in un poligono di tiro con alle spalle una mitragliatrice puntata sui condannati. Ma durante la corsa Mathilde riesce a liberare Philippe tramite un abile stratagemma e a trarlo in salvo in un luogo sicuro. Ormai la cultura del sospetto ha irrimediabilmente inquinato i rapporti tra i Partigiani, e una volta che Mathilde cade nelle mani dei nazisti si teme il peggio, a causa della figlia della donna su cui i tedeschi fanno leva per ricattarla e indurla a parlare. Una volta liberata Mathilde, a Luc, Philippe e gli altri non rimarrà altro da fare che ucciderla per scongiurare la possibilità che possa rivelare l’intera rete clandestina. Nell’ultima scena del film Mathilde guarda intensamente Luc e Philippe che da un’auto l’attendono con una pistola in pugno. I colpi che abbattono Mathilde sono anche un devastante scossone alle coscienze degli uomini, al loro incrollabile ideale di una Patria libera dagli invasori, a qualsiasi costo. Lo sguardo di Mathilde appare rassegnato e incredulo allo stesso tempo, una lancinante stilettata alla purezza di una Lotta che per ambire al successo, dovette calpestare anche gli stessi patrioti che la portavano eroicamente avanti.