Lo Specchio
Un ingrato compito per il recensore tentare di fermare con le aride parole ciò che questo film dipana in forma aerea e con impalpabile alito elegiaco. Si tratta di un’opera autobiografica in cui Tarkovsky traccia un bilancio della propria vita ripercorrendo l’infanzia con la sorellina e la madre, mentre il padre abbandona la famiglia per sparire nell’oblio. I personaggi si confondono e si dissolvono l’uno nell’altro mentre potenti scorrono i versi poetici che fanno da anima all’intera impalcatura semantica del film. Poi con uno stacco la fase adulta quando l’autore si separa dalla moglie e dal figlio: il dolore del distacco, il levigato spiritualismo che caratterizza la routine quotidiana, di nuovo una sorta di appannamento nella rievocazione dei personaggi e delle loro fumose identità. Il regista inserisce nel tessuto narrativo poesie di suo padre Arsenij, celebre è la composizione “Primi Incontri” a cui Tarkowskij abbina immagini di routine quotidiana che creano con il flusso poetico una sorta di malìa riverberante, un dettato ipnotico e sensuale che sale dall’anima: “Quando il destino ci seguiva passo a passo, come un pazzo con il rasoio in mano.” recita la voce fuori campo, e la donna a cui il poeta dedica questi versi si ferma, quasi ad ascoltare questi versi da un remoto orizzonte. Un film magnifico, che non può e non deve essere circoscritto ad una mera sintesi nè essere inscatolato in qualche processo speculativo. Semplicemente una poesia per immagini che scorre ammaliando e commuovendo. Non chiediamo di più ad un film.
Titolo originale: Zerkalo