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Una grande macchina cinematografica premiata dall’Academy con ben 9 Oscar è anche il film cruciale per il percorso artistico di Bernardo Bertolucci. Tantissimi elementi che fanno di quest’opera un’eccellenza cinematografica di rara perfezione stilistica: i costumi di James Acheson, le scenografie di Ferdinando Scarfiotti, la fotografia di Vittorio Storaro, la sceneggiatura di Mark Peploe che adatta lo script all’autobiografia di Pu Yi, la recitazione di attori del calibro di Peter O’Toole e John Lone, la ricostruzione storica con la consulenza di un grande esperto quale Chunpu Wang, le musiche di David Byrne e di Ryuichi Sakamoto (che appare anche nel film nella veste di un ufficiale giapponese alla corte dell’imperatore). Un gigantesco meccanismo di celluloide per uno spettacolo davvero emozionante.

E’ la storia di Pu Yi, ultimo imperatore cinese che ha regnato sul glorioso Celeste Impero dall’anno della nascita (1906) all’anno dell’abdicazione (1945). Il film ripercorre la vita dell’imperatore bambino nella città proibita, la sua incoronazione ufficiale in giovane età, il suo regno lungimirante costellato di gravi problemi (non ultimo l’invasione dei giapponesi). Quindi l’abdicazione, la fuga dalla Rivoluzione Comunista, l’arresto, il rimpatrio e la morte da semplice cittadino della Repubblica Popolare. Un mastodontico feuilleton iconografico che imprime per sempre nella memoria di chi lo guarda lo sfarzo della vita di corte e le contraddizioni di un uomo nato onnipotente e morto senza più nulla.

Titolo originale: The Last Emperor

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