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Quando nel ’29 Vertov concepì e realizzò il progetto di un documentario pensò, non tanto al risultato artistico, ma a quello sociale: si pose cioè l’obiettivo di esaltare la vita quotidiana dei proletari russi, vero motore della rivoluzione economica e politica del Paese del Soviet. Oggi guardiamo la sua opera con spirito critico e non possiamo non constatare l’immensa portata estetica che essa porta in nuce e dipana. Un documentario girato in presa diretta nella città di Kiev per documentare la quotidianità delle persone umili con immagini di una modernità sconvolgente, riprese con fine tecnica realista. Nel corso dell’opera le immagini giocano fra di loro, si avvicendano in un crescendo lisergico, fino a travalicare l’intento documentale per raggiungere le sublimi vette della poetica costruttivista. Come altri cineasti fecero in seguito, ispirandosi proprio all’opera di Vertov, si parte dal Particolare, dal movimento umano che popola le strade, dal brulichio incessante che anima le metropoli moderne, per arrivare ad una visione organica ed estetizzante del Tutto. Un film capitale che diede l’esatta percezione delle potenzialità di una macchina da presa accordata ad un ingegno raffinato. Dopo questo film il Cinema prende coscienza che Arte e Sociologia possono convivere.

Titolo originale: Chelovek s kino-apparatom

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