
Mulholland Drive
Un film semplicemente conturbante, spiazzante, che non concede punti di riferimento. David Lynch realizza forse il suo film più bello ribaltando continuamente il piano sequenza della realtà e stravolgendo l’incedere cronologico di una canonica thriller story. Rita ha appena avuto un tremendo incidente stradale di cui risulta essere l’unica sopravvissuta. Vaga per il centro di Los Angeles in uno stato di semi-incoscienza, soffrendo di un’apparente amnesia che le ha cancellato il passato. Si stabilisce in casa di Betty, una donna alla ricerca del successo cinematografico. Betty prende a cuore la sua situazione finchè tra le due donne non comincia ad attuarsi una sorta di fusione e la vita dell’una confluisce in quella dell’altra, tra sogno e realtà. Lynch attua un vero e proprio scollamento del piano reale attraverso un graduale sgretolamento delle certezze che la narrazione sembra dare allo spettatore. Proprio questa dimensione di assoluta incertezza proietta la razionalità in una sorta di nebbia mentale dove deduzione e inferenze sembrano strumenti fuori registro. La mistificazione più grande poi è venire a sapere che tutto quello che si vede ha un senso, ogni concetto ha la propria collocazione nella tassonomia finale dell’opera. Da vedere e rivedere, e scrivere appunti sulle infinite possibilità ermeneutiche che offre ad ogni visione.
Titolo originale: Mulholland Dr.

Sono un essere senziente. Mi occupo di varia umanità dall’età di circa due anni. Sono giunto al mezzo secolo di esperienza vissuta su questo Pianeta. Laureato in Lettere Moderne con una tesi sulla Poetica dell’ultimo Caproni nel 1996. Interessato al cinema dall’età di tre anni e mezzo dopo una sofferta visione dei Tre Caballeros della Disney, opera discussa e aspramente criticata in presenza delle maestre d’asilo. Alla perenne ricerca di un nuovo Buster Keaton che possa riportare luce nelle tenebre e sale nei popcorn.