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Un film in cui Lubitsch, con la sua raffinatezza stilistica, riesce a tratteggiare in modo perfetto la metamorfosi di una donna: da rigida burocrate a evanescente e leggiadra creatura innamorata. La chiave di lettura dell’opera sta tutta qui, in questa figura di donna in cui Greta Garbo infonde linfa vitale attraverso una recitazione rarefatta e leggera. La storia è quella di una spia russa, fanatica dell’aparato comunista, che viene inviata a Parigi per controllare l’operato di 3 emissari sovietici in missione. La donna si innamorerà di un aristocratico parigino dando il via a una trasformazione imprevedibile e coinvolgente. Il film ricevette quattro nomination agli Oscar senza vincerne alcuno, nell’anno in cui Via Col Vento ne fece incetta. Le quattro candidadature furono per il Miglior film, la Migliore attrice (Greta Garbo con la sua quarta e ultima nomination senza successo), la Migliore storia originale (Melchior Lengyel), e la miglior sceneggiatura (Billy Wilder come co-sceneggiatore). Il regista Ernst Lubitsch non ricevette neppure una nomination, e questo apparve a dir poco clamoroso. Lo slogan che la MGM usò per promuovere il film fu: “Garbo ride!” capitalizzando l’aura mitica che l’attrice si portava appresso e la sua oscura personalità promettendo in sostanza di umanizzarne i contorni. E lei, la divina Garbo, prorompe in effetti in una scrosciante risata quando il suo partner cade goffamente dalla sedia di una caffetteria, dopo peraltro che una battuta che ha appena detto non riesce a produrre un effetto su di lui. Un film in cui i dialoghi recitano un ruolo primario: sottili, veloci e attagliati perfettamente a ciascun personaggio sono il cuore della visione del mondo di un grande regista.

Titolo originale: Ninotchka

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