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Giuseppe Tornatore alle prese con le proprie memorie rende omaggio ad un umile proiezionista che lo iniziò ai misteri del cinema facendolo innamorare di quelle storie proiettate in lontananza, in una sala fumosa, tra colpi di tosse e baci appassionati. E lo fa con un candore, una poetica e un linguaggio cristallino tali che è impossibile restare indifferenti dinanzi al risultato finale dei suoi sforzi. Un’operazione metacinematografica verrebbe da dire: cinema che parla di cinema, come già aveva fatto Truffaut da un’altra angolazione. Se quella del regista francese infatti era il punto di vista del cinema nel suo farsi, Tornatore parla di cinema vissuto dal pubblico. Si aggiunga la magistrale interpretazione di un attore di consumato mestiere come Philippe Noiret per avere un’idea della grandezza di questo film.

La storia è quella di un regista romano che fa ritorno nel natio borgo selvaggio in Sicilia per la morte di un anziano proiezionista che lo aveva iniziato ai misteri della Settima Arte. Sarà l’occasione per rivisitare con la memoria luoghi, vite, emozioni passate che riaffiorano in lui con la potenza di un linguaggio nuovo e incontrovertibile. Rivivrà il rapporto con Alfredo, proiezionista dell’unico cinema della piccola cittadina siciliana, la sua saggezza, la sua ironia, i suoi lampi di umorismo che illuminano i ricordi di una calda luce malinconica. Quando bambino frequentava la cabina di proiezione di Alfredo svelandone gli oscuri misteri fino a che, da ragazzo, partì per cercare fortuna fuori dalla Sicilia. Il discorso di commiato d’Alfredo è una meravigliosa sintesi di affetto e saggezza: “Non tornare più, non ci pensare mai a noi, non ti voltare, non scrivere. Non ti fare fottere dalla nostalgia, dimenticaci tutti. Se non resisti e torni indietro, non venirmi a trovare, non ti faccio entrare a casa mia. O’ capisti? Qualunque cosa farai, amala, come amavi la cabina del paradiso quando eri picciriddu.”

Titolo originale: Nuovo Cinema Paradiso

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