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Durante la Prima Guerra Mondiale il Generale Mireau che tira le fila di una partita a scacchi contro una postazione tedesca super fortificata, accecato dalla possibilità di una promozione, spedisce le sue truppe al macello. Inizia così una delle scene più cruente della storia del cinema, una battaglia infinita in cui ogni scena è pervasa di crudo realismo. L’attacco naturalmente è un totale fallimento e il generale Mireau, per coprire le sue mancanze, decide di far fucilare tre uomini per codardia. Ne nascerà una battaglia legale di fronte alla Corte Marziale per salvare la vita ai tre uomini con l’ausilio del Colonnello Dax, avvocato parigino che difende i tre uomini. Il film si chiude con una scena che non sembra organica alla narrazione. Abbiamo appena visto una straziante carneficina sul campo di battaglia e un assurda battaglia legale per salvare la vita a tre uomini senza nessuna colpa, un punto di vista morale che condanna i generali dell’esercito francese corrotti e cinici che inviano i loro soldati al macello, e adesso che cosa vediamo? Quegli stessi soldati sopravvissuti ubriachi, ammassati in un bistrot, mentre sbattono i loro boccali di birra sui tavoli mentre il proprietario porta un’impaurita ragazza tedesca sul palco. La ragazza è bersagliata da commenti lascivi e da volgarità di ogni genere, poi inizia a cantare e la platea gradualmente si zittisce. E’ una canzone in tedesco e solo pochi soldati conoscono le parole così cominciano a canticchiarne il motivo, alcuni di loro si commuovono, altri chinano il capo in silenzio. Una scena di una bellezza straniante, che stride con il tessuto epico del film ma che ben illustra la poetica di Kubrick, contrario ad ogni forma di retorico patriottismo, sempre pronto a catturare la realtà nella sua nuda essenza, ma soprattutto grida con forza il tema centrale dell’opera: l’essere contro ad ogni tipo di guerra.

Titolo originale: Paths of Glory

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