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Rarefatto e incerto come suggerisce semanticamente il titolo, questo film del regista greco Angelopoulos si presta a diverse letture. C’è l’elemento del road movie, c’è la ricerca delle proprie radici, c’è il tema beckettiano del loop sequenziale innervato ad una ricerca senza fine, c’è l’intimismo di un lessico familiare. La storia è quella di due bambini, fratello e sorella, che intraprendono un viaggio attraverso la Grecia per raggiungere il padre in Germania. Ma il genitore in realtà non esiste, la madre si è fatta carico di raccontare loro una pietosa bugia in merito. Nel corso del viaggio i due bambini incontreranno bislacchi personaggi e situazioni al limite del surreale. Il film è strutturato sulle folgorazioni figurative che si alternano conferendo un forte potere suggestivo alla narrazione. Molte scene grazie a questa gagliardia iconocrafica persistono a lungo nella memoria dopo la visione: come la sequenza dei traveling players (tema caro ad Angelopoulos) che recitano un dramma senza tempo davanti ad un mare plumbeo fuso con l’orizzonte. Scritto con la collaborazione di Tonino Guerra risulta di una bellezza delicata e malinconica: una poetica delle piccole cose.

Titolo originale: Topio stin omichli

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