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Uno dei vertici del neorealismo italiano raggiunto da un Rossellini che scompone l’immagine della realtà come in un prisma. Ne ricava sei episodi affidati alla forza narrativa di grandi scrittori (Klaus Mann, Marcello Pagliero, Sergio Amidei, Federico Fellini, lo stesso Rossellini e Vasco Pratolini). Tutte le storie possono considerarsi dei bassorilievi, dei fotogrammi, delle vignette di una realtà che cambiava velocemente con l’avanzata degli alleati da sud a nord. Lo stile narrativo è prossimo ad un taglio documentaristico che dona a ciascun episodio un’atmosfera di algida sospensione, di etereo distacco da ogni pregiudizio morale. Ciascuna storia narra vicende legate a quella trionfale avanzata, ciascuna storia è fatta di gente semplice, che dovendosi arrabattare con una vita di stenti ritrova nelle vittorie dell’esercito liberatore una sorta di redenzione. Rossellini, lavorando soprattutto con attori non professionisti e, a volte, quasi analfabeti, usa le storie come strutture scheletriche su cui improvvisa la sceneggiatura finale, quasi in corso d’opera. In effetti, alcune di queste opere, spesso girate in due lingue, non contengono nemmeno dialoghi significativi. In particolare nel primo episodio, in cui una pattuglia di ricognizione americana scopre la maggior parte dei cittadini di un villaggio siciliano riuniti in una chiesa. I militari prendono una delle ragazze della città, Carmela (Carmela Sazio) come guida che li possa condurre intorno al Campo minato tedesco. Tra i militari e la ragazza non c’è quasi alcun dialogo. Alla scoperta di un castello abbandonato si lasciano alle spalle la quasi muta Carmela affidandola ad un giovane soldato, Joe (Robert Van Loon) con il compito di tenerla d’occhio. Il giovane rompe il silenzio cercando di spiegare in inglese alla ragazza la sua vita, le sue aspirazioni, la sua terribile solitudine nel vortice bellico. Un colpo di un cecchino tedesco colpisce improvvisamente Joe ferendolo gravemente. Carmela cerca di nascondere il soldato sofferente prima che i tedeschi arrivino. Quando il nemico è passato Carmela si allontana per portargli acqua e cibo, per scoprire al suo ritorno che l’americano è morto. Dopo aver scoperto la sua morte Carmela prende il suo fucile e inizia a sparare al nemico come una forsennata in preda ad un’ira implacabile. I tedeschi la catturano e la buttano da una scogliera. Quando gli americani tornano, trovano il corpo di Joe e presumono che Carmela lo abbia ucciso, ma questa è una mera congettura naturalmente. Rossellini non mostra quasi nulla di tutto ciò, la sua cinepresa ci mostra soltanto il corpo di Joe, Carmela che prende il suo fucile e, infine, il corpo della donna sulle rocce sottostanti. Il regista non colma le lacune, ma ci costringe a rivivere gli eventi nella nostra immaginazione cercando di ricostruirli, ci forza a cogliere con il pensiero il meraviglioso idillio tra il soldato e la ragazza senza descriverlo pleonasticamente. Su tutto lo sguardo severo e amorevole di Rossellini che non scende a compromessi con la metafora ma che filma la realtà e tale la traspone inalterata su pellicola, chiedendo con forza l’intervento dello spettatore per ristabilirne il dettato cronologico, per riedificarne la struttura. Un film che è la realtà stessa, dunque, con un processo speculativo che inizia e si conclude con immagini di una potenza unica.

Titolo originale: Paisà

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