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Citizen Kane è in un certo modo IL cinema: un’opera di un’intensità evocativa e di un talento iconografico senza pari. Welles ebbe a dire in un’intervista “Non credo che nessuna sequela di immagini possa conchiudere la vita di un uomo”, eppure quando il suo film si apre sulla morte del suo protagonista e un celebre piano sequenza posa successivamente lo sguardo della cinepresa sulla parola “Rosebud” impressa su una slitta gettata tra le fiamme, immediatamente si è di fatto immersi nella vita di quest’uomo che è appena morto e il vortice dei ricordi può iniziare a liberare i suoi incanti. Veniamo dunque proiettati nell’epopea di Charles Foster Kane, tycoon dell’editoria e potente uomo d’affari, narrata dall’occhio conturbante di Orson Welles. La sua biografia viene raccontata attraverso una tecnica di flashback asincroni che rende quest’opera antesignana e ultramoderna rispetto ad un certo pattern narrativo di quei tempi. Welles sciorina un repertorio da cineasta mai visto fino ad allora, e usa ogni mezzo espressivo a disposizione per delineare il potere della parola, la forza mediatica del Logos attraverso la risonanza di Giornali e Televisione. Un film che rende irreale qualsiasi tentativo di contestualizzarlo, com’è stato fatto, ma che rimane una grande opera dell’ingegno umano, un capolavoro senza tempo. La cinepresa racconta quel che la narrazione fisica non potrebbe esprimere, un’opera prima di tutto iconica e poi epica e multitestuale.

Titolo originale: Citizen Kane

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