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Un monumento al cinema. L’opera più ambiziosa di Béla Tarr è un autentico periplo per immagini in una terra selvaggia, aspra e forte dove si aggirano personaggi sopraffatti dalla vita, dalla precarietà delle loro condizioni di vita. Un’opera imponente, lunga più di 7 ore, divisa in 2 parti e 12 capitoli. La storia è tratta dal romanzo di László Krasznahorkai e narra le vicende di due balordi imbroglioni che giunti in un piccolo e sperduto villaggio delle campagne ungheresi convincono gli ingenui abitanti ad usare i sudati risparmi per fondare una sorta di Utopia dove regnino libertà e autodeterminazione. I ritmi ferocemente dilatati, i piani sequenza solenni e ipnotici, il talento degli attori nel restituire le atmosfere di un mondo in equilibrio sullo sfacelo: tutto questo rende Satantango un’opera affascinante dove una graffiante satira di fondo fa cornice ad una vicenda grottesca e dai risvolti quasi demenziali. Ma è l’unico modo per esorcizzare i demoni che sorgono dal passato e lambiscono come una mannaia gli uomini e i loro fragili sogni. Un trattato filosofico per immagini, una levigata iconografia a cui non vogliamo rinunciare.

Titolo originale: Satantango

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