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Uno dei film più controversi di Ford, a causa della gestione non proprio agevole del personaggio principale. Ma anche un’opera di una bellezza smisurata dove uomo e natura si compenetrano, si sfidano e si scoprono l’uno con l’altra. Tratto da un romanzo di Le May narra di una grande ricerca. Ethan Edwards è un veterano della guerra civile e si mette sulle tracce di una tribù nomade di Comanches, rea di aver rapito la giovane nipote. La sua ricerca, ardua sulla pista, si farà aspra e inane sul piano psicologico, dove l’uomo dovrà fare i conti con il proprio razzismo latente e con una misantropia dai risvolti spesso ironici. Cinico è anche lo sguardo di Ford quando fa balenare allo spettatore che la caccia ai Comanche in realtà non sia più un inseguimento per liberare la ragazza ma per ucciderla (ha vissuto troppo a lungo con gli indiani e non ha più nulla della persona che era in precedenza, secondo il vecchio Ethan). Un personaggio burbero dunque, che risulta di difficile gestione si è detto, sia per il regista che per l’attore che ne deve interpretare lo spettro caratteriale. Il risultato finale è uno dei film western più belli e avvincenti di sempre. La sfida è ancora una volta a favore dell’uomo con l’occhio bendato che sta dietro la cinepresa e che, come invisibile eminenza grigia, tesse la tela per i suoi personaggi.

Titolo originale: The Searchers

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