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Quest’opera rappresentò per Bergman la naturale evoluzione del suo percorso speculativo sull’incomunicabilità iniziato con Persona. E sia la poetica che la narrazione ripercorrono il precedente lavoro e ne sviluppano l’ordito, qui si tratta di un lancinante ritratto dell’indifferenza umana. La storia è ambientata in una casa rurale della Svezia di inizio secolo. La giovane padrona di casa sta morendo di cancro e riceve la visita delle sue sorelle. Inizierà un graduale deperimento dei rapporti umani fra le tre donne causato da un confronto dialettico perennemente fuori registro. L’impressione è che ognuna delle donne resti ermeticamente chiusa nella propria Monade e non riesca, nonostante gli sforzi, a comunicare con l’esterno. Un’opera dove la parola si fa sofferenza, diviene quasi aerea, irraggiungibile, veicolo di incertezza. Bergman esegue un lavoro straordinario dal punto di vista cinematografico girando con una pulizia e una raffinatezza stilistica senza pari: i cromatismi, le scene iconiche mutuate da dipinti, i contrasti di ombre e luce, ogni cosa è disposta con raffinato mestiere. Il regista svedese ci consegna un altro capolavoro, e lo fa con l’obliquo sorriso di chi sa quanto sia stato difficile strapparlo alla propria Arte e trasporlo su pellicola.

Titolo originale: Viskningar och rop

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