
Tutto su mia Madre
Almodovar in uno dei suoi film più emozionanti scava nella sfera affettiva portando alla luce diversi tipi d’amore che in definitiva si fondono in un’unica possente emozione che pervade ogni inquadratura. Una madre vede morire investito da un’auto il proprio unico figlio di 17 anni. Un evento tanto doloroso da costringerla a ripensare alla propria vita, alle proprie scelte e a chi è rimasto indietro. Decide così di intraprendere un viaggio per cercare il padre, un travestito che vive a Barcellona. A Barcellona incontra Agrado, un vecchio amico anch’egli transessuale, che la ospiterà. Inizia un gioco dialettico di incontri e di storie incredibili che si sovrappongono l’una con l’altra e che culmineranno in un un nuovo amore da cullare per Manuela. Un plauso alla prova di Cecilia Roth, un’attrice di puro istinto, con un grande carisma recitativo. Almodovar scompone come in un prisma il rapporto genitori-figlio ponendolo come fulcro narrativo e al contempo come pretesto per ricamarvi intorno storie frutto del medesimo amore (in questo senso la sottotraccia di Suor Rosa, sieropositiva ed incinta, che affida il proprio figlio a Manuela prima di spirare è di una bellezza sconvolgente). Il titolo del film è un omaggio a All About Eve, e in particolare ad un’icona cinematografica tanto cara ad Almodovar: Bette Davis, che qui ritorna nel personaggio di Huma, attempata attrice teatrale di talento.
Titolo originale: Todo sobre mi madre

Sono un essere senziente. Mi occupo di varia umanità dall’età di circa due anni. Sono giunto al mezzo secolo di esperienza vissuta su questo Pianeta. Laureato in Lettere Moderne con una tesi sulla Poetica dell’ultimo Caproni nel 1996. Interessato al cinema dall’età di tre anni e mezzo dopo una sofferta visione dei Tre Caballeros della Disney, opera discussa e aspramente criticata in presenza delle maestre d’asilo. Alla perenne ricerca di un nuovo Buster Keaton che possa riportare luce nelle tenebre e sale nei popcorn.