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Laura nacque dall’ostinazione di Otto Preminger che, letto il romanzo di Vera Caspary, s’innamorò a tal punto della storia che fece di tutto per dirigere il film sebbene la sua casa di produzione avesse già affidato la regia a Mamoulian. Una volta salito in sella a progetto iniziato licenziò il talentuoso David Ballard e come direttore della fotografia assunse il debuttante Joseph LaShelle (che ebbe il merito di vincere l’unico Oscar del film). Un’altra grande intuizione fu di chiamare a dirigere la colonna sonora David Raksin, il quale compose il main theme “Laura” che divenne ben presto uno standard interpretato negli anni a venire da Jazzisti e Cantanti Pop.

Uno dei grandi archetipi della Grammatica Noir, Laura fu un’opera che influenzò il linguaggio di molti cineasti. Preminger vi seppe infondere un senso di tenebrosa sospensione, di vibrante acquiescenza, grazie anche all’opera magistrale di LaShelle che in un bianco e nero algido e sofisticato edificò un’atmosfera che sapeva far balenare come una lama nel buio le passioni morbose e ossessive che sottendono alla narrazione.

Il Tenente MacPherson è alle prese con uno spinoso caso di omicidio. Un’avvenente pubblicitaria, Laura Hunt, è stata trovata morta nel suo appartamento con il volto sfigurato da una fucilata. MacPherson comincia la sua indagine partendo da Waldo Lydecker, attempato intellettuale cinico e snob, amico e mentore della defunta. L’uomo, in un turbinio di travolgente ironia, risponde alle domande del poliziotto, poi si offre di aiutarlo nella sua indagine partecipando agli interrogatori dei sospettati. Inizia così un oscuro viaggio attraverso la vita di Laura: i suoi amori, i suoi brillanti successi lavorativi, il suo fascino ineludibile. Attraverso un reticolato di relazioni MacPherson arriva a conoscere il losco Shelby Carpenter (interpretato da un magistrale Vincent Price), ultimo amore della donna e suo promesso sposo. Con la ricostruzione capillare della vita di Laura, MacPherson non può fare a meno di innamorarsi dell’icona sfuggente che sta inseguendo, rimanendo irretito da un’ombra indefinibile che lo cattura in una sorta di vischiosa tela. Il poliziotto si sorprende così a passare tempo nell’appartamento dell’assassinata, dialogando con il silenzio delle cose e con il polveroso canto delle vestigia di una vita strappata via. Celebre, in questo senso, è la scena in cui l’uomo di legge si ritrova inesorabilmente attratto dal magnetico fascino di un quadro appeso nel salotto, raffigurante Laura, in uno splendido abito nero. L’uomo cerca di rifuggire lo sguardo del dipinto ma ineluttabilmente vi sprofonda, soggiogato. Quando dalla porta dell’appartamento farà il suo ingresso Laura Hunt, viva e vegeta, MacPherson dovrà fare i conti con i propri demoni per poter venire a capo di quella intricata selva che conduce alla soluzione del mistero.

Un’opera che esercitò un’enorme influenza sul Cinema e, in particola modo, sul modo di collocare narrativamente la protagonista femminile nelle tematiche noir. Basti solo pensare a David Lynch che non esitò un attimo a chiamare la sua protagonista di Twin Peaks Laura.

Titolo Originale: Laura

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