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Il geniale e irrequieto Woody Allen alle prese con un’opera biografica girata in forma di documentario. Parodistico, ironico, deliziosamente sopra le righe: un film che diverte sotto la scorza seriosa del documento storico. La presenza di un narratore che descrive le abitudini del protagonista come fossero fenomeni biologici darwiniani, i dialoghi sotto forma d’intervista, le scene filmate come fosse materiale di repertorio: tutto questo contribuisce a dare a quest’opera un aspetto pomposo e scientifico, ma sotto la corazza dell’erudizione si muove il feroce spirito di Woody Allen che fustiga costumi e abitudini umane con spietata ironia. E’ la storia di un personaggio grottesco, Leonard Zelig, che negli anni ’20 diviene famoso per le sue doti da camaleonte umano, riuscendo a mimetizzarsi perfettamente con la cultura e l’aspetto fisico dei suoi interlocutori. Sarà studiato come una cavia da laboratorio da un team di scienziati tra cui la dottoressa Eudora Fletcher che prende a cuore il suo caso scavando in profondità nella multiforme personalità di Zelig. Ne nascerà un quadro sconcertante sulle capacità dell’uomo di auto-riprogrammarsi a seconda degli habitat in cui è inserito. Tutto è delizioso in questo film: l’uso di un pomposo bianco e nero in stile vecchio documentario della BBC, la canzone “Chameleon Days” di Dick Hyman in perfetto stile anni venti, l’interpretazione autoironica di Allen e della Farrow. In definitiva un cult dalla purezza adamantina in cui si passa dal sommesso sorriso al riso più sguaiato con alcune battute memorabili quali: “Ho scritto molti saggi sulla psicanalisi, ho lavorato con Freud a Vienna. Ci dividemmo sull’invidia del pene: Freud pensava di doverla limitare alle donne.”.

Titolo originale: Zelig

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