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Lean, ancora agli esordi, trasse questo film da una piéce teatrale di Coward e cercò di trasporne su pellicola le atmosfere crepuscolari e decadenti. Ne risultò un’opera in sordina, dove la passione dei due protagonisti è quasi sussurrata, avvolta nel grigio della metropoli e infine dissolta nel nulla. La storia è quella di due persone ordinarie che si incontrano casualmente e si innamorano. Lei conduce una vita dove la routine scandisce ogni attimo e dove il marito e la famiglia sono il suo unico orizzonte plausibile. Quando le si presenterà l’occasione di stravolgere ogni cosa franerà in una storia d’amore effimera eppure così deliziosamente peccaminosa. Un’opera costellata di piccole gioie quotidiane, di amore in controluce, di garbata emozionalità, di sobrie emozioni. David Lean si conferma regista attento all’aspetto morale che sottende ad ogni storia raccontata dalla sua cinepresa: l’infedeltà coniugale viene raccontata in un’epoca dove il sacrificio di ogni donna per la propria famiglia era il martellante segnale che proveniva da ogni campo della comunicazione. Il fatto che i due amanti decidano di lasciarsi dopo il loro “breve incontro” riporta il messaggio in un alveo moralmente istituzionale seppur non rinnegando la fugacità e la bellezza di ciò che c’è stato tra loro. Un ricordo silenziosamente voluttuoso, un sorriso sul morire del campo visivo, è tutto ciò che resta di quel travolgente attimo di follia.

Titolo originale: Brief Encounter

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